Meta è interessata all’acquisto di Rivos, startup specializzata in chip RISC-V, mossa che dovrebbe permettere di consolidare il lavoro di team interni che si occupano di sviluppo chip, superare la dipendenza dalle GPU Nvidia e abbassare costi infrastrutturali legati all’AI.
A riferirlo è Bloomberg spiegando che l’accordo non è stato ancora reso pubblico, ma è stato confermato all’agenzia stampa da più fonti.
Rivos è una startup che lavora in modalità “stealth”, focalizzata nello sviluppo di GPU e acceleratori AI che sfruttano RISC-V come insieme di istruzioni; quest’ultimo, in quanto standard aperto, non richiede l’acquisto di una licenza per essere utilizzato. Tra le proprietà intellettuali di Rivos vi sono SoC e acceleratori PCIe.
Perché Meta vuole Rivos
Meta da tempo lavora su acceleratori AI “fatti in casa”, progetto denominato Meta Training and Inference Accelerator (MTIA), componenti che non dovrebbero essere altro che acceleratori ottimizzati per l’addestramento AI, in grado di eseguire compiti specifici con maggiore efficienza rispetto alle GPU tradizionali. Il primo chip MTIA è progettato in collaborazione con Broadcom e TSMC ed è probabilmente basato su RISC-V.
In precedenza sono circolate voci secondo le quali l’azienda di Mark Zuckerberg avrebbe già completato il primo “tape-out”, passaggio importante nella progettazione di un componente che ha richiesto mesi di test e ingenti investimenti (Meta ha previsto quest’anno stanziamenti tra i 114 e i 119 miliardi di dollari, e circa 65 miliardi di dollari destinati nello specifico ad infrastrutture per l’intelligenza artificiale e allo sviluppo del nuovo chip).

Non ci sono ancora conferme sull’acquisizione di Rivos; quest’ultima startup ha ottenuto recentemente importanti round di finanziamenti e il suo valore economico potrebbe riguardare numeri con 9 o 10 cifre.
Da tempo vari big del mondo IT (Apple compresa) scommettono sull’architettura RISC-V, alternativa considerata valida per chi vuole eliminare la dipendenza da ARM. Il paradigma alla base di RISC-V è visto da molti osservatori come in grado di innescare per l’hardware la stessa rivoluzione che l’opensource ha portato sul versante software.
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