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La Nuova Zelanda dice no ai brevetti software

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Svolta storica per la Nuova Zelanda dove il Parlamento ha messo una croce sui brevetti software con una decisione praticamente unanime: 117 voti a favore e solo 4 contrari. Dopo 5 anni di dibattito il disegno di legge 235-2 è stato approvato e con esso i brevetti software sono stati esclusi dalle invenzioni che possono essere brevettate, seppur con qualche eccezione. Il passaggio relativo a questa decisione sul disegno di legge è chiaro e limpido:

Il software libero o open source, è cresciuto in popolarità dal 1980. Proteggere il software con un brevetto è in contrasto con il modello open source […]. Un certo numero di autori delle segnalazioni ha sostenuto che non vi è alcuna “attività inventiva” nello sviluppo dei software, perché ogni “nuovo” software si basa sempre su software già esistente. Hanno ritenuto che il software dovrebbe essere escluso dalla tutela dei brevetti in quanto i brevetti software possono soffocare l’innovazione e la concorrenza, e possono essere concessi per le tecniche banali o già esistenti. In generale, noi accettiamo questa posizione.

Il Parlamento lascia però aperto uno spiraglio per quanto riguarda il software integrato, ovvero software che svolge un ruolo fondamentale per l’elettronica con il quale viene abbinato. In questo caso, dimostrando l’integrazione esclusiva tra un dispositivo ed il software ad esso abbinato, un eventuale miglioria dello stesso potrebbe essere brevettabile. Un esempio, citato dalla stesso disegno di legge, è quello dei telefoni o della lavatrice: un software che migliora le ricezione delle chiamate per un telefono o un software che garantisce un migliore lavaggio per una lavatrice possono essere brevettati. Invece un software in quanto tale, come per esempio un software per un foglio di calcolo e un editor di testo, non può essere brevettato.

Nel disegno di legge è però già chiaro il timore che in alcuni casi la differenza fra software integrato e software i quanto tale sia molto difficile da tracciare in maniera netta e il Parlamento della Nuova Zelanda ha già chiesto di tracciare linee guida specifiche per facilitare questa distinzione.

Alla luce dell’impetuoso dibattito sui brevetti, balzato agli onori della cronaca specialmente negli USA, la decisione dei “kiwi” è certamente un fatto importante, che delinea una netta presa di posizione a favore del software open source e contro le lobby costituite dalle multinazionali che negli ultimi 5 anni hanno combattuto per impedire una decisione che è poi arrivata.

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