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Cinque anni di Apple Silicon, la rivoluzione che ha cambiato per sempre il mondo Mac

La WWDC di cinque anni fa, che si è tenuta il 22 giugno 2020, è stata particolare per molti motivi. Intanto, è stata la prima WWDC completamente virtuale a causa della pandemia: Apple decise di farla lo stesso utilizzando materiali registrati e montati in maniera brillante e coinvolgente. Il risultato è stato che da allora ci becchiamo ogni anno tutti gli eventi di Apple completamente registrati, con buona pace dell’esperienza “dal vivo” sul palco che piaceva tanto a Steve Jobs.

L’altro motivo è che nel giugno 2020 Tim Cook è salito sul palco dello Steve Jobs Theater per annunciare quella che molti considerarono la scommessa più audace di Apple dai tempi del passaggio ai processori Intel nel 2005. La transizione ad Apple Silicon sembrava a molti osservatori una mossa rischiosa, capace di compromettere anni di crescita nel mercato dei computer, nonostante partisse da una base estremamente solida, cioè l’esperienza nella produzione dei SoC per iPhone e iPad, che da tempo si dicevano essere potenti come e più di un processore Intel.

Tuttavia, gli analisti si interrogavano sulla saggezza di abbandonare un’architettura consolidata per un’avventura tecnologica dalle conseguenze imprevedibili. Cambiare architettura aveva costi enormi in termini di gestione della transizione. Eppure, quella che inizialmente appariva come una decisione dettata dal desiderio di controllo si è rivelata essere la mossa strategica più lungimirante dell’era post-Steve Jobs (anche se probabilmente è stata impostata e in buona parte progettata dallo stesso Jobs).

Il rapporto dimensionale tra i vari processore Apple lascia da solo intendere le differenze anche nelle prestazioni

Infatti, cinque anni dopo, Apple Silicon ha ridefinito completamente il panorama dell’informatica personale, dimostrando che il controllo verticale dell’intero stack tecnologico non è solo una questione di orgoglio aziendale ma una necessità per l’innovazione. Certo, nessun antitrust sarà mai d’accordo su questo, e in Europa le cose per Apple si sono incagliate proprio per questo motivo: non per abuso di posizione dominante ma perché avere una piattaforma verticalmente e strettamente integrata semplicemente non è più legale.

Eppure, da punto di vista dell’innovazione, i numeri parlano chiaro: i Mac con processori proprietari hanno registrato vendite record, riconquistato quote di mercato nel segmento premium e stabilito nuovi standard prestazionali che la concorrenza fatica ancora a raggiungere. Ma al di là delle metriche commerciali, Apple Silicon ha abilitato una serie di tecnologie e funzionalità che erano semplicemente impensabili con i processori Intel. La vera rivoluzione non è stata solo nelle prestazioni, ma nelle possibilità.

M1 Ultra è il processore più potente mai creato da Apple

Il paradigma architetturale che ha cambiato tutto

Oggi, dopo che sono passati cinque anni, sembra di raccontare una di quelle storie da vecchi saggi attorno al fuoco che cercano di avvertire i giovani scavezzacollo che danno tutto per scontato che non è sempre stato così. E in effetti, la decisione di abbandonare Intel veniva da lontano, da grandi frustrazioni e affondava le radici in limitazioni strutturali che andavano ben oltre le prestazioni pure. Il colosso di Santa Clara, che nel 2005 aveva ammaliato Steve Jobs proponendo una via di uscita credibile (e in effetti di alto livello) rispetto alla palude dei PowerPC, aveva perso completamente il focus e stava diventando l’azienda a rischio che è oggi.

In particolare, i cicli di sviluppo sempre più lenti di Intel, l’efficienza energetica limitata dell’architettura x86 e la dipendenza tecnologica da un fornitore esterno stavano diventando un freno all’innovazione Apple. La visione di Cupertino era chiara: solo il controllo totale dello stack tecnologico, dall’hardware al software, avrebbe permesso di realizzare il pieno potenziale dei propri dispositivi. In questo bisogna dire con tutta onestà che c’era il trucco: Jobs era famoso per non mettere mai tutte le uova in un solo paniere, e lo sviluppo “in casa” dei processori prima per iPhone e poi per iPad (iniziato in realtà già con gli iPod) aveva anche delle possibilità sfruttabili per i Mac, come poi è stato.

Infatti, l’esperienza maturata con i processori A-series di iPhone e iPad forniva le fondamenta tecniche per una transizione che molti ritenevano impossibile. Il paradigma dell’approccio ARM contrapposto a quello Intel degli x86 non era semplicemente una questione di architetture diverse, ma di filosofie opposte: efficienza contro compatibilità, integrazione contro standardizzazione.

M1 Ultra è il processore più potente mai creato da Apple

Quando si è proprietari di tutto e si produce tutto, c’è la possibilità (tanto invisa alla Ue) di integrare fino in fondo. Massimizzare l’esecuzione riducendo al massimo gli sprechi e le mancanze di sinergia interna. Ecco che con Apple Silicon la casa di Cupertino ha introdotto per la prima volta nella storia dell’informatica personale un’architettura unificata che abbraccia smartphone, tablet e computer. Questa convergenza ha eliminato le barriere tradizionali tra i diversi ecosistemi di dispositivi, permettendo un livello di integrazione precedentemente inimmaginabile.

La Unified Memory Architecture ha rivoluzionato il modo in cui CPU, GPU e altri componenti condividono le risorse, eliminando i colli di bottiglia tipici delle architetture tradizionali. Il Neural Engine integrato ha portato l’intelligenza artificiale direttamente nel silicio, abilitando elaborazioni di machine learning in tempo reale senza impatto sulle prestazioni generali.

E se c’è più di un dubbio sul fatto che in realtà Apple non è si fatta cogliere di sorpresa dall’intelligenza artificiale, ma era invece abituata a uno standard completamente diverso da quello delle “allucinazioni” della GenAI, centrato su prodotti basati sul machine learning in sede locale che funziona effettivamente per la gestione di tantissime attività, dalle fotografie e video a tutta una serie di altre cose, questa dovrebbe essere la prova migliore. Erano pronti, ma su un altro fronte rispetto a quello dal quale è emersa OpenAI (che ha colto di sorpresa anche la stessa Google, peraltro, che aveva inventato i Transformer e quindi sostanzialmente la GenAI, ma questa è un’altra storia).

M1 Ultra è il processore più potente mai creato da Apple

Invece, se torniamo alle innovazioni prodotte da e per Apple Silicon, in tutto questo bendiddio che ne è venuto fuori, Rosetta 2 rappresenta forse il capolavoro ingegneristico più sottovalutato dell’intera transizione. Questo sistema di traduzione binaria dinamica ha reso completamente trasparente il passaggio per gli utenti, permettendo al software Intel di girare su Apple Silicon spesso con prestazioni superiori rispetto ai Mac Intel originali.

La tecnologia, innovando pesantemente anche rispetto alla prima generazione di Rosetta adoperata per migrare verso le architetture Intel, ha risolto il paradosso storico delle transizioni architetturali: garantire compatibilità senza sacrificare le prestazioni. La Secure Enclave integrata ha elevato gli standard di sicurezza hardware a livelli impossibili con Intel, proteggendo dati sensibili con un livello di crittografia precedentemente riservato ai dispositivi enterprise. L’instant wake, infine, ha eliminato i tempi morti tipici dei computer tradizionali, rendendo il Mac reattivo come un dispositivo mobile. Anche perché Apple Silicon ha una architettura “mobile first”.

Il rivoluzionario processore Apple M1

Funzionalità rivoluzionarie rese possibili

C’è di più. Molto di più. Infatti, la vera misura del successo di Apple Silicon non si trova nei benchmark ma nelle funzionalità che erano impossibili prima della transizione. Le app iOS e iPadOS possono ora girare nativamente su Mac, trasformando l’ecosistema da una collezione di dispositivi separati a un continuum tecnologico integrato. Questa convergenza ha ampliato in maniera netta la libreria software disponibile per i Mac, portando su schermi più grandi app che erano confinate ai dispositivi mobili.

L’elaborazione video ProRes e ProRAW in tempo reale ha democratizzato la produzione video professionale, rendendo possibile l’editing di contenuti 8K su laptop ultraportatili. La gestione intelligente dei core ad alte prestazioni e ad alta efficienza ha ottimizzato automaticamente il carico di lavoro, garantendo prestazioni elevate quando necessarie e autonomia prolungata in standby.

Ancora, e molto prima dei Pc Copilot+, l’intelligenza artificiale on-device ha eliminato la dipendenza dalla connettività per funzionalità avanzate come traduzione, riconoscimento vocale e elaborazione delle immagini. Siri, Traduzione e altre app di AI saranno anche limitate, ma operano completamente in locale, garantendo privacy assoluta e tempi di risposta istantanei. Non ce ne accorgiamo mai perché è sempre tutto dietro le quinte, ma l’aspetto computazionale di tante attività vuol dire l’uso del machine learning (per alcuni anni Apple ha attentamente evitato di usare la parola “intelligenza artificiale”).

Il rivoluzionario processore Apple M1

Un esempio sono le videoconferenze, che hanno beneficiato di effetti in tempo reale, riduzione del rumore e ottimizzazione automatica della qualità video senza impatto sulle prestazioni del sistema. Infine, il gaming ha vissuto una rinascita inaspettata, con titoli console-quality che girano fluidamente su dispositivi fanless. Universal Control inoltre realizza il sogno di un’interfaccia unificata tra Mac e iPad, permettendo di utilizzare tastiera e mouse attraverso dispositivi diversi con continuità assoluta (sempre Ue permettendo, ovviamente, perché molte di queste funzioni potrebbero essere “smantellate” o, se fossero proposte adesso, non verrebbero mai portate in Europa, come AirDrop, ad esempio).

L’impatto sull’industria e il futuro

Apple Silicon ha costretto l’intera industria a ripensare i propri paradigmi tecnologici. Intel, dopo anni di leadership incontrastata nel mercato dei processori per PC, si è trovata improvvisamente in rincorsa su metriche fondamentali come prestazioni per watt ed efficienza energetica. AMD e Qualcomm hanno accelerato lo sviluppo di soluzioni ARM per PC, mentre Microsoft ha intensificato gli sforzi su Windows on ARM, cercando di replicare il successo dell’ecosistema Apple ma cozzando contro il muro della retrocompatibilità.

I produttori di PC tradizionali hanno iniziato a esplorare soluzioni di chip custom, comprendendo anch’essi che l’hardware generico non può più competere con l’integrazione verticale. L’effetto domino si è esteso oltre il computing personale, influenzando settori come i data center e l’edge computing.

Mac Mini sarà il primo desktop con processore Apple M1

AI nel lab e nelle fonderie di Apple

Guardando al futuro, Apple sta già utilizzando l’intelligenza artificiale generativa per accelerare la progettazione dei propri chip, creando un ciclo virtuoso dove l’AI progetta hardware più veloce per AI sempre più sofisticate. La roadmap dei processori M-series promette innovazioni continue, con ogni generazione che spinge oltre i limiti delle possibilità tecniche.

Non saranno stati un successo ma più una specie di prototipo commercializzato, però i Vision Pro ci stanno insegnando qualcosa: l’integrazione dell’Apple Silicon con i dispositivi indossabili del futuro suggerisce un ecosistema ancora più interconnesso, dove i SoC di Apple serviranno da fondamenta per esperienze di computing spaziale e intelligenza ambientale. E poi non dimentichiamoci il tema della sostenibilità ambientale, resa possibile dall’estrema efficienza energetica di Apple Silicon: processori più efficienti e intelligenza artificiale in locale vuol dire usare i dispositivi meno, consumando meno e soprattutto facendo meno ricorso a centri di calcolo e a servizi di AI nel cloud. AI nel cloud che ha un impatto ambientale enorme: la scelta di Apple si può affermare come vantaggio competitivo cruciale in un’era di crescente consapevolezza ecologica.

Alla fine, cinque anni dopo quella WWDC incredibile e tutta registrata, alla fine della prima fase acuta della pandemia che ha ridefinito così tanti paradigmi della nostra società, la transizione ad Apple Silicon ha rischiato di passare quasi in secondo piano. Invece, è stato un evento fondamentale: non è stato semplicemente un cambio di fornitore, ma una rivoluzione che ha ridefinito cosa significa fare computing nel XXI secolo. E lo diciamo scrivendo queste note usando un Mac mini M1, prima generazione di hardware Mac basato su Apple Silicon che, nel calore dell’estate milanese del 2025, viaggia che è un piacere, ancora attaccato al suo Apple Cinema Display vintage (uno schermo straordinario del 2008, connesso con un semplice adattatore da pochi euro) con una temperatura di esercizio di 39 gradi centigradi.

Insomma, le promesse del 2020 non solo sono state mantenute, ma superate, dimostrando che il controllo verticale dell’innovazione tecnologica rappresenta la strada maestra per il futuro. Cinque anni dopo, Apple Silicon è il benchmark con cui l’intera industria deve confrontarsi. È un promemoria che le rivoluzioni tecnologiche più profonde nascono dal coraggio di abbandonare il presente per costruire il futuro. È il testamento alla capacità di innovare di Apple, che speriamo sia ancora presente a Cupertino.

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