Tim Cook e Apple si preparano alla diatriba legale contro non solo il Dipartimento di Giustizia USA ma anche l’FBI e persino il Presidente USA Donald Trump, circa la richiesta di sblocco degli iPhone della sparatoria di Pensacola. Un caso che sembra ripercorrere fedelmente quanto già avvenuto per l’attentato di San Bernardino che ha portato allo scontro diretto tra Apple e FBI sullo sblocco degli iPhone.
Il CEO di Cupertino avrebbe già radunato privatamente un piccolo team di specialisti con un duplice obiettivo: da un lato smorzare toni e scontro diretto con le autorità, dall’altro difendere la posizione di Apple su cifratura, privacy e sicurezza.
Con i dettagli delle manovre in corso emergono anche posizioni e stati d’animo delle due parti. A Cupertino sembra non ci si aspettasse una escalation così rapida della vicenda. Ricordiamo che circa una settimana fa l’FBI ha richiesto l’intervento di Apple per sbloccare gli iPhone della sparatoria di Pensacola, richiesta alla quale Cupertino non avrebbe fornito l’aiuto richiesto, almeno secondo la lettera del Segretario della Giustizia USA Bill Barr di alcuni giorni dopo.

Nel quartier generale di Cupertino alcuni ritengono che le forze dell’ordine non abbiano tentato ancora tutte le soluzioni possibili prima di richiedere aiuto ad Apple. In particolare non è chiaro se FBI e Dipartimento di Giustizia abbiano già impiegato gli strumenti di Cellebrite e Grayshift, in grado di sbloccare iPhone per recuperare dati, chat, messaggi e altre informazioni utili per le indagini. Viceversa, secondo quanto riporta il New York Times, il Segretario della Giustizia e altri ufficiali governativi dichiarano che tutte le opzioni e soluzioni esterne sono già state implementate ma senza successo, obbligando le autorità a richiedere l’aiuto di Cupertino.
La doppia strategia in corso in Apple sembra sia quella di puntare a una soluzione esterna, minimizzando lo scontro con le autorità, difendendo le posizioni di Cupertino su crittografia, privacy e sicurezza, sempre puntando a una soluzione che non obblighi Cupertino a infrangere la sicurezza dei propri dispositivi e piattaforme.











