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CEO del New York Times: «No all’accordo con Apple sul servizio news»

C’è un “no” molto pesante (almeno per lo scenario americano) al progetto di Apple per il servizio “all you can eat” di news. La piattaforma che Cupertino dovrebbe presentare il 25 marzo a partire dalle 18 in Italia, è infatti giudicata non interessante da Mark Thompson, amministratore delegato del New York Times

Thompson, che gestisce nei fatti le strategie commerciali di quello che è il principale e forse più prestigioso giornale americano, e uno dei più importanti al mondo non crede che quella pianificata da Apple sia una buona opportunità.

“Tendiamo a essere molto diffidenti all’idea di abituare le persone che è possibile trovare il nostro giornalismo da qualche altra parte”, ha spiegato Thompson a Reuters. “Siamo inoltre genericamente preoccupati di strapazzare il nostro giornalismo in una sorta di Magimix (frullatore, ndr), con il giornalismo di tutti gli altri”.

Secondo Thompson,  affidarsi a terze parti per la distribuzione, può essere una mossa pericolosa per gli editori che rischiano di perdere il controllo sui propri prodotti e finire nelle condizioni di programmi TV e case cinematografiche che si sono affidati a Netflix, capace di distruggere la distribuzione cinematografica in sala, o per dirla come Christopher Nolan, “distruggere il campo da gioco elettivo del cinema, la sala”.

Apple News curata da uomini, così supera in qualità tutti gli altri

“Se fossi stato un network americano per la diffusione ci avrei pensato due volte prima di dare tutta la mia libreria a Netflix”, ha riferito ancora Thompson spiegando il suo no al servizio di news di Apple che è in arrivo. Il CEO del New York Times non ha indicato dettagli sui colloqui con la Mela ma ha usato la storiella di Netflix per far comprendere come quest’ultima sia riuscita a fare strada a Hollywood, e spiegare perché il New York Times non ha voluto concludere accordi con piattaforme digitali sulle quali ha poche possibilità di controllo, anche sul versante delle relazioni con gli acquirenti.

“Anche se Netflix ti offre un bel po’ di soldi… ha davvero senso aiutare Netflix a creare un’enorme base di abbonati al punto da consentire loro di spendere 9 miliardi di dollari l’anno e creare i loro contenuti e pagare me sempre di meno per i miei contenuti?”. Hollywood si è dimostrata ansiosa di accettare l’offerta di Netflix, senza forse comprendere appieno le implicazioni di questa azione. In cambio di miliardi di dollari, le case di produzione hanno permesso a Netflix di creare una grande offerta video, una decisione paragonata da Thompson al piantare il seme che porterà alla loro dipartita.

Il nuovo servizio che proporrà Apple si dovrebbe chiamare “Apple News Magazines” ed è stato creato partendo dall’app Texture che la Casa di Cupertino ha ottenuto acquisendo Next Issue Media a marzo dello scorso anno. Non è al momento chiaro quanto costerà l’abbonamento al servizio in questione: si vocifera 9.99$ al mese. Una parte degli incassi andrà ovviamente agli editori, l’altra ad Apple. La Casa di Cupertino potrebbe avere ideato un sistema per compensare gli editori in base a cosa effettivamente legge l’utente ma non vi sono al momento informazioni precise.

L’app News di Appe mostrerà notifiche quando nuovi numeri delle riviste sono disponibili; è possibile raggruppare le notifiche relative a più titoli, seguire solo determinate pubblicazioni e visualizzare nelle notifiche titoli che dovrebbero invogliare alla lettura. Tra i nomi individuati nell’app News, riferimenti a National Geographic, Bon Appetit e Fast Company, il Wall Street Journal, Vox e altri ancora.

A metà febbraio sono circolate voci di preoccupazione da parte di gruppi come NY Times e Washington Post. A non piacere a questi ultimi, aveva riferito il Wall Street Journal citando sue non meglio precisate fonti, i termini finanziari proposti da Apple. Altro elemento di preoccupazione da parte degli editori è l’impossibilità di “profilare” gli utenti”, in altre parole accedere ai dati degli abbonati tra cui gli indirizzi email e le informazioni legate alle loro carte di credito, elementi considerati fondamentali per creare archivi dei clienti e offrire loro prodotti e servizi.

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