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ReMarkable, l’unicorno norvegese che ha scommesso sui tablet eInk

Cinque anni fa, quando l’azienda stava facendo capolino con il suo primo tablet reMarkable (poi potenziato con la notevole versione 2) basato su schermo eInk e tanta voglia di prendere in contropiede un mercato che stava esplodendo grazie all’iPad e ai vari tablet Android, erano in pochi a crederci. Giravano video su Internet e ci si chiedeva: sarà vero oppure sarà un rendering ma il prodotto non esiste?

I dubbi erano leciti: negli anni duemila infatti Amazon aveva lanciato una generazione di Kindle con schermo di grande formato. Era il tentativo di fornire uno strumento per studenti e per manager o ricercatori che volessero interagire con testo in formato A4 o l’equivalente americano. Ma non era andato bene e l’azienda di Seattle lo aveva fatto rapidamente svanire dal suo catalogo.

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Adesso, quando i norvegesi guidati da Magnus Wanberg hanno deciso di entrare in questo mercato con uno strumento completamente diverso, sempre basato su eInk ma con tecnologie profondamente diverse al suo interno (lo vediamo tra un attimo) la risposta iniziale era stata scettica al limite della chiusura. Ma quello che contraddistingue un vero imprenditore da uno che ci prova non è avere delle buone idee o riuscire a realizzare, bensì portarle avanti con coerenza e pervicacia.

La resilienza applicata alla convinzione di avere avuto una buona idea e averla sviluppata al meglio possibile è la chiave del successo ed è esattamente quello che ha fatto Wanberg. Dopo un lancio tumultuoso e una crescita lenta e difficile, senza catena di distribuzione, con pochissimo budget pubblicitario, senza rete distribuitiva e assistenza postvendita all’altezza, è riuscito un cliente alla volta a crearsi un mercato.

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Il successo di reMarkable

Adesso, dopo un altro anno di successi, reMarkable, il creatore di tavolette digitali norvegesi, ha ora un valore calcolato di oltre 1 miliardo di dollari, il che lo rende l’ultimo unicorno del suo Paese. Oltre a un fatturato di oltre 300 milioni di dollari nel 2021, l’azienda ha anche superato il traguardo di oltre un milione di tablet di carta venduti dal lancio del dispositivo originale nel 2017.

Come dicevamo questo è il risultato di molti anni di lavoro di squadra per creare qualcosa che abbia un valore reale per i clienti, o almeno è quello che dice il fondatore e ceo Wanberg. In realtà, c’è anche la resilienza e la capacità di andare avanti nonostante il mercato sembri opporsi.

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«Il fatto che ora abbiamo venduto oltre un milione di unità di reMarkable 1 e 2 – dice Wanberg – è una pietra miliare che riteniamo dimostri come i nostri prodotti soddisfino un’esigenza reale e come siamo in grado di aiutare le persone a eliminare le distrazioni e a migliorare il flusso di lavoro quotidiano».

Perché poi alla fine la visione iniziale di reMarkable (nome straordinario, tra l’altro, per un tablet sul quale si può scrivere con la penna passiva) è proprio questa: creare un oggetto che sostituisca in tutto e per tutto la carta ma non in modo traumatico, dando continuità (e connessione) a chi lo usa.

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Come si diventa miliardari

In un anno impressionante l’utile operativo di reMarkable è aumentato da 12 milioni di dollari nel 2020 a 31 milioni di dollari nel 2021, trainato in gran parte dalle vendite del suo ultimo tablet eInk, reMarkable 2, lanciato alla fine del 2020.

Questo risultato, non bisogna dimenticarlo, è arrivato nonostante le difficili condizioni di mercato durante la pandemia, il problema di approvvigionamento e i diversi cambiamenti nei bisogno degli utenti. Dopo il rilascio del prodotto, tuttavia, il lavoro di ingegneria e integrazione fatto è stato abbondantemente riconosciuto: non sono mancati premi per l’innovazione, riconoscimenti per il design e recensioni positive e le vendite continuano a crescere nei 40 mercati dell’azienda in tutto il mondo.

Sebbene reMarkable abbia registrato una crescita finanziaria significativa, che ha consentito all’azienda di reinvestire, anche il numero delle persone nell’organizzazione è cresciuto, con oltre 300 dipendenti che ora lavorano nella sua sede di Oslo.

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Il servizio online

L’ottobre 2021 ha segnato un altro grande passo per reMarkable con il lancio di Connect, un servizio in abbonamento che fornisce agli utenti un’ampia gamma di funzionalità software utili e continuamente aggiornate, orientate ad aiutarli a creare e mantenere un flusso di lavoro mirato.

«Siamo particolarmente orgogliosi – dice Wanberg – di aver creato un prodotto che aiuta le persone a concentrarsi in un mondo di continue distrazioni. Questo è solo l’inizio e abbiamo una lunga lista di piani per il futuro».

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La capacità di concentrarsi, la velocità notevole del tablet ma comunque limitata dal punto di vista applicativo (la tecnologia eInk è attualmente solo in bianco e nero e non sono presenti le app tipiche dei telefoni e dei tablet tradizionali) è il punto di forza di un apparecchio sicuramente alto di gamma e costoso ma anche decisamente interessante.

I casi di uso sono molto diversi da quelli di un iPad e certamente, se è vero che come acquisto va in alternativa al tablet di Apple, è anche vero che non ne ricalca le funzioni. Invece, permette di fare posta elettronica, gestione documenti, riconoscimento calligrafia (che non abbiamo potuto testare) e gestione di appunti e note in maniera più efficiente ed efficace.

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Il gusto del tempo

La cosa più geniale di reMarkable è il suo tempismo. Sicuramente sono state tentati altri tablet di questo tipo o abbastanza simili. Certo, ha l’handicap di non avere una tastiera e quindi di non voler essere una alternativa al computer portatile, del quale casomai è il complemento e l’alternativa da viaggio “super-leggera”.

Tuttavia, reMarkable ha avuto successo perché tutti gli altri non hanno avuto la capacità, il tempismo, la risoluzione, la resilienza e magari anche la fortuna di trovare l’ambiente, la chiave, la tecnologia e la capacità di organizzare una catena delle forniture internazionali adatte a portare reMarkable al successo.

È utile? Lo compreremmo? È lo strumento giusto? A questo potremmo rispondere solo con una prova articolata. In realtà le premesse sono ambigue: ci sono partigiani e difensori dello strumento, veri e propri “convertiti”, e critici che sostengono sia completamente inutile. Chissà dove sta la verità.

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