Questo sito contiene link di affiliazione per cui può essere compensato

Home » Hi-Tech » Opinioni » L’accordo OpenAI e io spiegato bene, un dispositivo, una sfida e lo spirito di Jobs

L’accordo OpenAI e io spiegato bene, un dispositivo, una sfida e lo spirito di Jobs

Il 21 maggio 2025 potrebbe diventare una data da ricordare. È infatti il giorno in cui è stata annunciato l’acquisto da parte di ChatGPT della startup “io” un evento che molti, a ragione, pensano possa essere storico.

Per capire perché, basta considerare il peso che ha oggi ChatGPT, probabilmente la più nota e socialmente influente piattaforma di Intelligenza Artificiale, e parallelamente chiedersi: che cosa, o meglio chi, è io.

Dietro all’azienda di San Francisco c’è, infatti, JonathanJony” Ive, l’uomo che ha disegnato l’iPhone, l’iPad, il MacBook e l’Apple Watch, dando forma all’intera generazione di prodotti che ha cambiato il nostro rapporto con la tecnologia e segnando un’epoca. Ive ha abbandonato Apple ormai molti anni fa per dare il via a un progetto di uno studio di design indipendente LoveFrom.

Tutto è cominciato da Jonathan Ive

Successivamente ha fondato “io”, un’azienda che si prefiggeva di costruire un nuovo tipo di dispositivo personale, non un’evoluzione dello smartphone, ma qualcosa di radicalmente diverso: un oggetto capace di interagire con l’utente in modo naturale senza la mediazione di uno schermo.

Per raggiungere il traguardo, io si era proiettata inevitabilmente verso le piattaforme AI, unico mezzo per costruire un software in grado di comprendere linguaggio naturale, immagini, suoni e contesto.

La startup si è mossa fino a pochi giorni fa (e ancora in larga parte continua così) restando dietro una cortina di segretezza, pur senza nascondere che le ambizioni erano molto elevate: la raccolta fondi è arrivata, probabilmente superandolo, al miliardo di dollari con il coinvolgimento di SoftBank (il cui CEO Masayoshi Son conosce perfettamente Ive ed era un grande amico di Steve Jobs), Emerson Collective, la società fondata e guidata da Laurene Powell Jobs, vedova di Steve Jobs, e infine anche dello stesso Sam Altman, che ha contribuito sia con risorse personali sia con il suo network di contatti.

Jony Ive dice che lavorerà ancora molti anni per Apple

Ma io non aveva solo un grande capitale, aveva anche un talento straordinario. Un team di 55 ingegneri e designer che in larghissima parte hanno contribuito al successo dei prodotti più iconici di Apple e che Ive si è portato con sé.

Il nome più noto è quello di Tang Tan, per anni responsabile del design di iPhone, Apple Watch e poi degli AirPods, prodotti di cui ha supervisionato non solo l’estetica ma anche aspetti cruciali come l’ergonomia, l’esperienza utente e la coerenza con l’identità del marchio.

Accanto a lui Evans Hankey, succeduta a Ive come responsabile del design industriale di Apple, e anche Marc Newson, designer di fama mondiale e collaboratore di lunga data di Ive.

Nel team ci sono anche Bas Ording, Mike Matas e Chris Wilson, noti per il loro contributo al design di interfacce e sistemi operativi Apple.

Io, l’intelligenza artificiale ed OpenAI

La storia del progetto io comincia nel 2022, quando Jony Ive, ex chief designer di Apple, e Sam Altman, CEO di OpenAI, iniziano a discutere in privato su come ripensare il rapporto tra esseri umani e intelligenza artificiale.

Queste conversazioni si trasformano in un progetto concreto nel 2024, quando Ive fonda ufficialmente io, portando con sé i già menzionati veterani Apple come Tang Tan ed Evans Hankey.

La svolta arriva tra aprile e maggio 2025, quando emergono notizie concrete sull’intenzione di OpenAI di acquisire l’intero progetto. Il 21 maggio 2025 arriva l’annuncio ufficiale con un video (qui sotto) e con una nota sul sito di OpenAI.

OpenAI acquisisce io, valutandola circa 6,5 miliardi di dollari in azioni. Altman comunica che il team di Ive entrerà formalmente a far parte di OpenAI come divisione hardware, lavorando a stretto contatto con i reparti AI di San Francisco.

Che cosa è il dispositivo di io

Qui siamo all’oggi. Ma a cosa stava e sta lavorando io? Di concreto non si è ancora visto nulla. Nessuna immagine, nessun rendering, nessun dettaglio tecnico ufficiale. Eppure, nel corso degli ultimi due anni, Jony Ive e Sam Altman hanno disseminato indizi precisi su ciò che intendono costruire.

Le due dichiarazioni chiave potrebbero essere da una parte quella con cui Altman afferma di ritenere che “i computer vedono, pensano e comprendono, ma continuano ad essere usati con interfacce vecchie.”, dall’altra quella con cui Ive ha sottolineato la necessità di un dispositivo “meno socialmente dirompente dell’iPhone”.

Da qui nasce la convinzione che io lavori su un assistente personale AI capace di interagire in modo naturale, discreto e contestuale, senza bisogno di uno schermo da toccare o guardare. Un oggetto in grado di liberare l’utente dall’interfaccia per restituire attenzione al mondo reale.

Mettendo insieme tutte le dichiarazioni, fonti e movimenti aziendali, si può delineare una prima ipotesi su cosa stia progettando la nuova divisione hardware di OpenAI. Si tratterebbe di un dispositivo personale, sempre connesso attraverso altri dispositivi (come uno smartphone che si terrà in tasca), senza schermo tradizionale, centrato su comandi vocali e intelligenza contestuale.

OpenAI porta a casa Jonathan Ive, il post iPhone s - macitynet.it

Non certo un altoparlante da salotto né un clone dello smartphone, ma qualcosa di nuovo, progettato partendo dalle capacità dei modelli di intelligenza artificiale generativa.

Fisicamente potrebbe essere un oggetto indossabile, forse una clip, una spilla, un ciondolo o magari anche una specie di bracciale come una smartband. Un fattore di forma che favorirebbe la comunicazione tattile.

Qualcuno lo descrive esplicitamente come un dispositivo che ricorda un iPod Shuffle. Di Shuffle ce ne sono stati molti, ma è possibile che qui si faccia riferimento a quello quadrato apparso alla fine del ciclo della storia degli Shuffle.

Dal punto di vista delle funzioni si pensa che lo scopo sia quello di dare accesso a informazioni in tempo reale, traduzione, gestione di notifiche, messaggi e calendario, interazione multimodale attraverso voce e suoni ambientali.

L’accordo OpenAI e io spiegato bene, un dispositivo, una sfida e lo spirito di Jobs - macitynet.it

La differenza rispetto agli assistenti vocali esistenti (come Siri, Alexa o Assistant) sarebbe data dalla qualità dell’interazione: non più comandi rigidi, ma conversazioni vere e proprie, quindi un sistema che comprende contesto, tono e intenzione.

Per pensare a qualche cosa di concreto potremmo riferirci a Samantha, l’intelligenza artificiale di Her: non un robot, né un assistente con una forma fisica definita, ma una presenza invisibile e ciò nonostante profondamente presente.

Nel film l’interazione tra l’utente (Theodore, interpretato da Joaquin Phoenix) e Samantha avviene interamente a voce, tramite un auricolare nell’orecchio e un piccolo dispositivo portatile.

Come in Her, il dispositivo di Ive e Altman sarà un oggetto che fa della capacità di comprenderci naturalmente la sua unica interfaccia.

Perché tutto il mondo guarda a questo prodotto

Non è comune che un prodotto ancora non svelato riesca a catalizzare così tanta attenzione globale. Eppure, il dispositivo nato dall’unione tra OpenAI e io è già al centro di aspettative enormi. Le ragioni sono molteplici e tutte strategiche.

Innanzitutto ci sono i protagonisti: Jony Ive, il designer che ha ridefinito il concetto di computer, telefono e orologio con l’iMac, l’iPhone e l’Apple Watch, e Sam Altman, il leader che ha portato l’intelligenza artificiale generativa – con ChatGPT – nelle mani di centinaia di milioni di persone. Sono due figure che, insieme, rappresentano la fusione tra la grande tradizione del design hardware e la nuova frontiera del software intelligente.

Rivoluzione AI, Il grande seduttore è ChatGPT che balla sul confine umano - macitynet.it
Rivoluzione AI, Il grande seduttore è ChatGPT che balla sul confine umano

Ma dietro di loro c’è anche un team straordinario e decine di designer e ingegneri provenienti dal cuore stesso della storia Apple. Questo non è solo un progetto visionario: è uno dei concentrati più alti di talento tecnologico e creativo oggi esistenti al mondo, tale da fare invidia persino ai grandi della Silicon Valley, unendo la maestria hardware ereditata da Apple con la spinta innovativa dell’intelligenza artificiale generativa.

C’è poi un aspetto pratico che riguarda la trasformazione di OpenAI. Fino a qualche giorno fa era principalmente un fornitore di software e API (ChatGPT, modelli GPT-4/5, ecc.) spesso integrati in prodotti altrui. Con questa mossa, intende diventare anche produttore di hardware AI consumer, entrando quindi in diretto contatto con gli utenti finali.

Ma le ragioni di tanta attenzione vanno oltre i nomi e la trasformazione di OpenAI. Il mondo guarda a questo progetto perché tocca una domanda cruciale: qual è l’erede dello smartphone? Dopo quasi vent’anni di dominio, il telefono sta mostrando i suoi limiti: distrazione continua, saturazione di funzionalità, dipendenza dallo schermo.

Molte Big Tech stanno cercando di capire il “post-smartphone”. Meta (Facebook) ha investito in occhiali smart e visori AR, e starebbe lavorando a wearable AI con funzioni simili di assistente vocale. Google sta integrando pesantemente la sua AI (come il modello Gemini) in dispositivi – si pensi ai Pixel con Assistant avanzato, o all’idea degli occhiali riemersa recentemente dopo il fallimento di Google Glass.

Ci sono poi diverse startup che scommettono su nuovi fattori di forma e concetti di base totalmente nuovi. io e OpenAI sono tra questi ma non sono i primi ad avere pensato a qualche cosa del genere. Altri sono arrivati prima e hanno fallito.

AI Pin MWC24 stand qualcomm settimio 1

Il caso più eclatante è quello dell’AI Pin di Humane, lanciato a fine 2023. Un dispositivo indossabile con proiezione laser e interfaccia vocale, nato con grandi ambizioni ma stroncato dalla critica e ritirato dal mercato pochi mesi dopo e liquidato. Stessa sorte per Rabbit R1, altro gadget AI lanciato nel 2024 e presto dimenticato.

Manifestando funzionalità limitate, scarsa utilità, interazioni troppo lente, questi gadget hanno dimostrato che non basta rimuovere lo schermo per creare un’alternativa al telefono. In un’intervista recente, Ive aveva definito questi prodotti “davvero scadenti” e ha aggiunto che “finora non si è visto un vero pensiero nuovo”.

Ive e Altman dovranno creare un dispositivo che superi questi limiti, dando vita un nuovo paradigma informatico centrato sull’AI, sull’interazione naturale e sull’assistenza contestuale. Se ci riusciranno, non lanceranno solo un nuovo prodotto, ma potrebbero innescare una nuova fase storica: quella in cui l’intelligenza artificiale smette di essere un servizio remoto e diventa un compagno personale presente in maniera costante.

In tutto questo, dietro l’attenzione globale c’è un motivo ancora più profondo che definiremmo di portata sociale: il mondo sta ancora cercando di capire che forma avrà il nostro futuro quotidiano con l’intelligenza artificiale. Finora l’AI è rimasta confinata nei software, nelle app, nei servizi cloud, lontana dai gesti fisici e dalla presenza della vita di tutti i giorni. Ma le speranze riposte nell’AI – come strumento per semplificare, migliorare, ampliare le capacità umane – hanno bisogno di un veicolo concreto per diventare realtà.

Dal patto tra io e OpenAI potrebbe nascere la risposta: l’oggetto che darà un volto e una forma pratica a una tecnologia che finora ha vissuto nell’astrazione. Non solo un gadget, ma un punto di svolta per capire come convivere ogni giorno con l’intelligenza artificiale.

Che c’entra Apple

Ogni discussione sul dispositivo AI di io e OpenAI porta inevitabilmente con sé un paragone: Apple. Il punto di partenza è evidentemente il fatto che Jony Ive e molti membri del team provengono da Cupertino, ma il vero motivo è che Apple ha definito, meglio di chiunque altro, cosa significa creare una piattaforma tecnologica universale: non solo un prodotto bello o potente, ma un oggetto capace di trasformare la vita quotidiana, il comportamento sociale, le abitudini di miliardi di persone.

L’iPhone non è solo un telefono: è il simbolo di un’epoca, il dispositivo che ha portato internet in tasca, che ha modificato le regole del lavoro, del tempo libero, della comunicazione personale.

Quando oggi si immagina un possibile successore dello smartphone, il modello di riferimento non è un altro telefono più veloce: è una piattaforma che cambia le carte in tavola come accaduto con l’iPhone nel 2007. È per questo che il progetto di Altman e Ive viene osservato con attenzione: perché aspira a giocare nello stesso campionato in cui Apple ha vinto molteplici scudetti.

Tim Cook riferisce di un nuovo prodotto in arrivo mercoledì - macitynet.it

Apple, inoltre, rappresenta un ecosistema completo, dove hardware, software e design sono integrati in un’esperienza utente coerente e seducente. Il dispositivo di io+OpenAI potrebbe incarnare una sfida simile: costruire un ecosistema AI-first, dove il design e la tecnologia non si limitano a esistere fianco a fianco, ma si fondono in una nuova forma di interazione uomo-macchina.

In questo senso, anche senza il logo della mela morsicata, il progetto porta con sé un peso simbolico inevitabile che richiama l’anima di Apple.

Il confronto non riguarda solo la storia e i protagonisti in comune, ma anche lo scenario competitivo attuale. Apple, nonostante il dominio sul mercato hardware e l’ecosistema più integrato al mondo, ha mostrato negli ultimi anni difficoltà significative a posizionarsi come leader nell’intelligenza artificiale.

Mentre OpenAI, Google e Microsoft hanno spinto avanti applicazioni di AI generativa, Apple è rimasta indietro: Siri, il suo assistente digitale, è da anni percepito come limitato, rigido e poco capace di gestire richieste complesse.

Apple Intelligence, cosa si può fare con l'AI di Apple in italiano - macitynet.it

Solo nel 2024 Apple ha annunciato piani per integrare l’AI generativa su iPhone, ma l’avanzamento è stato così lento che nel 2025 l’azienda ha dovuto siglare un accordo con OpenAI per portare ChatGPT direttamente su iOS, un chiaro riconoscimento delle proprie difficoltà interne a competere sul fronte software.

È qui che il progetto io+OpenAI rappresenta una sfida diretta: si colloca in quello spazio dove Apple oggi mostra le sue fragilità più evidenti.

Se riuscisse a portare sul mercato un dispositivo credibile, capace di integrare hardware, software e intelligenza generativa in un ecosistema nuovo, questo progetto metterebbe in discussione la supremazia del design Apple e la sua capacità di guidare l’innovazione tecnologica nei prossimi anni.

Non solo Apple

Altman e Ive uniti rappresentano in realtà un nuovo possibile competitor trasversale, che combina il meglio di due mondi. Se per Apple è quasi una sfida sul suo terreno (il design hardware e l’ecosistema utente) lanciata dal suo ex fuoriclasse Ive insieme all’azienda leader dell’AI, per Google e Meta è un concorrente in più nella corsa all’assistente AI personale ubiquitario.

Per startup come Humane o altre piccole aziende presenti e future, rischia di essere un colpo fatale: ad esempio Humane, dopo il flop del suo device, sta cercando di vendere i propri brevetti e tecnologie, segno che i piccoli player faticano e che solo colossi con ampie risorse (come OpenAI, con il backing Microsoft, e partner come Ive) possono tentare imprese simili.

Ecco come funzionano gli occhiali Google con AI che fanno tremare Apple - macitynet.it

Interessante anche la posizione di Microsoft. Microsoft è partner strettissimo di OpenAI sul lato software (integra ChatGPT in Bing, Office, Windows, ecc.), ma sul lato hardware consumer ha avuto successi alterni (il flop del Windows Phone, il discreto successo di Surface, ecc.).

Ci si potrebbe chiedere come il dispositivo AI di OpenAI potrebbe complementare la strategia Microsoft. Potrebbe essere l’endpoint per i servizi cloud Azure/OpenAI?

Finora Microsoft non è menzionata direttamente nel progetto Altman-Ive, ma è difficile immaginare che non supporti la mossa: Satya Nadella (CEO MS) ha detto che vede “Copilot” (l’AI assistente) come una nuova piattaforma, e un hardware dedicato darebbe corpo a quella visione.

Il volto umano della tecnologia e Jobs

In definitiva, il progetto nato dall’accordo tra io e OpenAI non è solo un esperimento tecnologico, né semplicemente un nuovo dispositivo da lanciare sul mercato: è il tentativo di far diventare l’intelligenza artificiale un oggetto capace di guidare la nostra vita.

In questo passaggio c’è una sfida globale e il potenziale di rivoluzionare uno scenario che in vent’anni si è strutturato intorno allo smartphone e ai giganti come Apple, Google e Meta.

Ma oltre alla competizione tra dispositivi e aziende, la sfida vera è quella sociale e umana. OpenAI e io cercano di stabilire un nuovo patto tra esseri umani e tecnologia, rendendo la tecnologia più umana. È, in fondo, un tentativo di raccogliere l’eredità e lo spirito di Steve Jobs, la cui figura aleggia su tutta questa storia.

 

Offerte Apple e Tecnologia

Le offerte dell'ultimo minuto le trovi nel nostro canale Telegram

Le migliori offerte BLACK FRIDAY con macitynet.it

Pubblicità
Pubblicità

Ultimi articoli