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Perché sbagliamo a chiamare orologio l’Apple Watch

Le scene che tornano alla mente di un cronista che decida di farci caso sono tantissime: una ragazza al bar, due ragazzi in palestra, un uomo in autobus, un altro che cammina per strada. Alcune persone, che non si conoscono tra loro, sul treno. Le persone che lavorano agli imbarchi di un aeroporto, il personale di cabina di un volo intercontinentale, molti dei vicini e compagni di viaggio, il poliziotto al servizio di immigrazione che controlla i passaporti, il taxista. E la lista potrebbe andare avanti ancora a lungo, una volta che uno decide di iniziarla.

L’abbiamo scritta sul nostro Apple Watch con una serie di tap e di comandi vocali (usando l’app Drafts), ovviamente, ma lo scopo dell’esperimento era proprio quello. Cercare di vedere quanto è diffuso l’Apple Watch. Come per la sindrome della donna incinta, quella per la quale quando una coppia pensa di aspettare un bambino vede donne incinte ovunque, abbiamo visto tantissimi Apple Watch. È una forma di attenzione selettiva, certo, tuttavia non si può non dimostrare anche dal punto di vista aneddotico quello che dicono i numeri degli analisti. L’Apple Watch è il più grande successo del mondo dell’orologeria di sempre. Con un’unica considerazione da fare: è veramente un orologio?

Cos’è un Apple Watch?

Certo, lo sappiamo tutti: un Apple Watch è uno smartwatch. Sciocco chi lo chiama orologio. È di più, certamente. La cosa che ci chiediamo qui però, fermo restando che è più di un orologio, è se sia “ancora” un orologio. Cioè se il fatto di indicare l’ora con una modalità paragonabile a quella della categoria merceologica di cui prende il nome (“Apple Watch”) sia effettivamente rilevante in parte oppure se il Dna è completamente cambiato. Se siamo di fronte a qualcosa di diverso.

Certamente un voto a favore del fatto che Apple Watch sia tutt’altro che un orologio lo dà una notizia uscita qualche giorno fa: Gli Apple Watch 2015 diventano obsoleti incluso il modello in oro. Questa notizia serve a due scopi. Innanzitutto a ricordarci che la “vita” di un Apple Watch è breve, dal punto di vista dell’orologeria, rispetto a quella degli orologi di altre tecnologie, inclusa inferiore a quella degli orologi al quarzo che basta cambiargli la pila (a meno che addirittura non siano solari) e vanno avanti praticamente per sempre. Un Apple Watch ha la batteria che non si cambia e prima o poi muore ma soprattutto diventa tecnologicamente obsoleto, con un sistema operativo non più aggiornabile e le funzioni non attive.

L’altra cosa è che l’orologio Apple Watch 0 (si chiama così la prima generazione degli orologi presentati nel 2015 da Apple) era stato immaginato da Jony Ive come un oggetto anche di lusso, tanto che aveva creato la versione d’oro massiccio. Versione che adesso, ammesso che qualcuno la usi ancora, non serve più.

Perché sbagliamo a chiamare l’Apple Watch un orologio
Foto di AB – Unsplash

Il presente dell’Apple Watch

Ma la cosa che deve fare veramente pensare è un’altra. Molte cose sono come sono solo perché ne ricordano altre. Mi spiego: il Mac o il Pc Windows che usate utilizza le metafore della scrivania perché fa riferimento a un’epoca in cui per far capire come funzionava un computer nella vita di ufficio di tutti i giorni usare una metafora nota era non solo fondamentale ma anche geniale come intuizione. E infatti tutti ricordiamo la genialata dello Xerox Parc che se l’è inventata e la capacità di Steve Jobs (pagando lo Xerox Parc) e Bill Gates (non pagando lo Xerox Parc) di renderla universale.

Ma anche se andiamo a vedere il funzionamento di molti software vediamo che “dentro” portano con sé set di metafore che si rifanno ad altro: la camera oscura per Photoshop, il tavolo da disegno per ArchiCad, il tavolo del montatore per Premiere e Final Cut. Le idee sono vecchie, passano da una generazione all’altra come simulacri di mondi e forme di lavoro che non esistono più. Fanno parte della digitalizzazione, della trasformazione degli strumenti analogici in digitale. L’Apple Watch non fa eccezione in questo: è uno strumento perfetto per simulare quel che c’era prima, pur non essendolo. È un computer personale, anzi uno strumento “post-PC”, come Steve Jobs aveva chiaramente detto ma purtroppo tendiamo spesso a dimenticare: uno strumento che fa parte di una classe di oggetti computazionali completamente diversi da quelli peraltro altrettanto “artificiali” ma che tutti consideriamo naturale, cioè i personal computer.

Telefonino e orologio (ma non sono telefoni né orologi) sono manifestazioni vicarie di un oggetto che però fa tutt’altro e molto di più. Si affrancheranno? Cosa succederà con l’intelligenza artificiale?

Perché sbagliamo a chiamare l’Apple Watch un orologio
Foto di Daniel Romero – Unsplash

Il futuro dell’Apple Watch

È penso facilmente immaginabile dove stiamo andando a parare con questo articolo. L’Apple Watch non è un orologio, è un oggetto completamente diverso che fa finta di essere un orologio per farsi comprare dai clienti che così capiscono di cosa si tratta. O credono di capirlo. Dentro, c’è di tutto e ogni giorno di più: le iterazioni di Apple Watch portano novità senza fine, sia incrementali (come quest’anno) che rivoluzionarie (come probabilmente l’anno prossimo con la decima generazione).

Tuttavia, c’è un convitato di pietra che dimentichiamo, e che è destinato a interrompere presto questo ciclo di somiglianze e differenze. Si tratta della intelligenza artificiale, parola tabù che in Apple non si può pronunciare ma che, assieme alla nuova categoria di prodotti come Apple Vision Pro, sta per cambiare molte cose.

Il cambiamento dell’Apple Watch passerà da questa rivoluzione nel modo con il quale si interagisce e con cui funzionano i computer. La AI. Una rivoluzione che ci permetterà di avere qualsiasi strumento capace di fare qualsiasi cosa, perché potremo interfacciarci e avere un feedback completamente diverso da quello che le attuali interfacce fisiche ci limitano a fare.

Sarà ancora un orologio, quell’Apple Watch del futuro? No, ma il nome probabilmente rimarrà a lungo e forse lo penseremo ancora come un orologio. A cui magari si aggiungerà anche un anello, perché no.

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