Nel pieno delle trattative con gli Stati Uniti per un nuovo accordo commerciale, la Commissione Europea ha deciso di ritirare la proposta di digital tax, pensata per colpire i giganti del tech come Apple, Meta, Amazon e Google.
Una svolta significativa, se si considera che appena due mesi fa la misura era tornata d’attualità come una possibile leva per ripagare parte di 350 miliardi di debito europeo post-Covid con il potenziale di tradursi in costi aggiuntivi per i consumatori, sia sui prodotti elettronici che su servizi digitali.
Il nodo dei dazi: una pressione indiretta sull’elettronica
L’idea di base era quella solita, che aleggia nell’aria da anni: far pagare a chi genera enormi ricavi in Europa, ma versa pochissime tasse, una quota del conto per la ripresa. Ma la realpolitik ha avuto la meglio. Mentre i vertici dell’UE ancora discutono con l’amministrazione statunitense – dove hanno sede la stragrande maggioranza delle grandi aziende tecnologiche che sarebbero state colpite dalla tassa – sulla spinosa questione dei dazi, Bruxelles ha scelto un gesto distensivo per evitare un’escalation.
In un contesto globale già carico di tensioni ad avere un beneficio saranno anche i cittadini europei. Un eventuale aumento delle imposte sull’elettronica in Europa avrebbe potuto sommarsi agli effetti, già ampiamente prevedibili, dei dazi che le aziende tech dovranno affrontare negli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump.
È del tutto plausibile che gruppi come Apple potrebbero trovarsi costretti a rivedere le proprie strategie commerciali e logistiche a livello globale, con impatti sui margini e – inevitabilmente – sui prezzi finali non solo dei prodotti in vendita negli USA ma su scala globale.
In questo scenario, i rincari applicati oltreoceano per compensare dazi o imposte potrebbero essere trasferiti – direttamente o indirettamente – anche sul mercato europeo, attraverso riallineamenti di prezzo o strategie di bilanciamento sui volumi.
In questo contesto, la rinuncia dell’Europa alla digital tax va letta anche come una scelta pragmatica per contenere la pressione sui prezzi dell’elettronica, già esposti alle turbolenze del commercio internazionale.
I rapporti con Apple e gli altri colossi digitali
Per Cupertino e gli altri big digitali americani, il ritiro della tassa (che dovrebbe essere sostituita da tre nuove imposte, sui rifiuti elettronici, sul tabacco e sulle grandi imprese europee come spiega Politico) rappresenta una vittoria tattica. La misura, che in passato era stata accantonata per non ostacolare il processo OCSE, era tornata in discussione proprio a causa del fallimento di un’intesa fiscale globale. Ora scompare del tutto, almeno nel breve periodo.
Ma il contesto resta fragile. Se le trattative commerciali attualmente in corso dovessero saltare e tornasse una spirale di ritorsioni, l’UE potrebbe rispolverare strumenti come la digital tax per rispondere alle pressioni esterne. In quel caso, i giganti tech si troverebbero di nuovo nel mirino, insieme alle filiere globali che alimentano la produzione e la distribuzione dell’elettronica di consumo.











