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I dazi costeranno a Apple 1,1 miliardi, ma pagheremo anche noi

I dazi imposti dagli Stati Uniti alle aziende che producono fuori dal Paese iniziano a farsi sentire. Apple ha speso circa 800 milioni di dollari nel solo trimestre chiuso il 28 giugno 2025. Ma siamo solo agli inizi: secondo le stime comunicate da Tim Cook, la cifra potrebbe salire a 1,1 miliardi nei tre mesi successivi. Il colosso di Cupertino è solo una delle aziende colpite dalle misure volute da Donald Trump, ma è tra quelle che rischiano di più, considerata la sua catena di produzione globale.

Le dichiarazioni sono arrivate durante la presentazione dei dati finanziari del Q3 2025 di Apple, dove il CEO ha sottolineato l’impatto delle tariffe introdotte sulla base dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), una legge federale del 1977 che consente al Presidente degli Stati Uniti di intervenire sul commercio estero in caso di emergenza nazionale.

Una stangata da oltre un miliardo in arrivo

Apple ha chiuso il trimestre con 94,04 miliardi di dollari di ricavi, in crescita di quasi il 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma in parte si è trattato di un effetto indiretto dei dazi con i clienti che si sono precipitati a comprare prodotti prima dell’arrivo di un possibile aumento delle tasse. In futuro questo effetto sparirà e ad incidere per Apple sarà l’aumento dei costi. Tim Cook ha dichiarato:

«Supponendo che le attuali tariffe, politiche e applicazioni globali non cambino per il resto del trimestre e che non vengano aggiunti nuovi dazi, stimiamo che l’impatto aggraverà i nostri costi di circa 1,1 miliardi di dollari.»

La produzione fuori dagli USA nel mirino

Le misure tariffarie hanno colpito duramente i dispositivi Apple prodotti in paesi come Cina, India e Vietnam. Negli Stati Uniti arrivano infatti:

  • iPhone assemblati in India, secondo produttore al mondo dopo la Cina
  • Mac, iPad e Apple Watch prodotti in Vietnam

Particolarmente problematico lo scenario che riguarda l’India, dove Apple ha spostato e sta spostando una quota crescente della produzione di iPhone destinati al mercato americano. Lo ha fatto attraverso partnership con Foxconn, Pegatron e Wistron, approfittando anche degli incentivi locali offerti dal governo indiano per attrarre investimenti manifatturieri.

Ma ora questo equilibrio rischia di rompersi. L’amministrazione USA ha deciso l’introduzione di un dazio permanente del 25% sulle importazioni di dispositivi elettronici prodotti in India. La misura, se confermata, potrebbe azzerare i vantaggi economici che Apple si era costruita con il progressivo decentramento industriale.



Tim Cook e Trump

Se i costi salgono, a pagare sarà chi compra

La fragilità della strategia industriale di Apple, emersa con chiarezza nel contesto dei dazi USA su Cina e India, potrebbe avere una conseguenza a settembre con l’aumento dei prezzi degli iPhone. Secondo gli analisti di Jefferies, la nuova generazione – in particolare i modelli iPhone 17 Pro e Pro Max – subirà un rincaro di circa 50 dollari rispetto alla linea attuale.

La cifra, anche se Apple potrebbe attribuire l’aumento al maggior valore delle componenti, nasce in realtà dalla necessità di coprire l’incremento dei costi industriali e doganali. Solo l’impatto delle tariffe potrebbe incidere fino a 25 dollari per ogni unità, senza contare i costi legati a chip, RAM e materiali, anch’essi in crescita.

Per questo Apple non ha molte alternative: o assorbe l’intero impatto sui margini, o lo redistribuisce. E secondo Jefferies, la seconda opzione è la più probabile. I modelli premium, dove il pubblico è meno sensibile ai prezzi, saranno i primi a subire il rialzo.

La guerra commerciale, dunque, non si limita a minacciare l’industria. Finisce per colpire direttamente i consumatori, attraverso scelte obbligate che si riflettono nel portafoglio.

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