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Il dialogo silenzioso tra Apple e il mondo Linux

Come scrivevamo poco tempo fa, Linus Torvalds ha rilasciato Linux 5.19, nuova versione stabile del kernel di Linux un laptop ARM64: un nuovissimo MacBook Air con SoC M2 di Apple.

Questo è stato possibile grazie al progetto Asahi, che ha portato Linux nativamente sui Mac con chip Apple Silicon. Sia M1 (anche nelle varianti Pro e Ultra) che M2. Ci sono vari problemi da risolvere, angoli spigolosi da smussare (nel Mac Studio con M1 Max ad esempio alcune cose non funzionano a dovere) ma lo sviluppo sta procedendo da un anno a ritmo serrato e c’è molta emozione nel mondo Linux perché Asahi ha aperto la porta all’uso di Linux su architetture molto interessanti.

Lo stesso Torvalds, che in passato ha utilizzato almeno per due periodi hardware Apple, ha una ottima considerazione del livello ingegneristico dei prodotti della mela.

Ma per portare Linux su M1-M2, qual è il rapporto degli sviluppatori con Apple? È una operazione “aiutata” da Apple, vietata e realizzata come se fosse una sorta di jailbreaking o cosa? Dopo varie polemiche sui forum, è sceso in campo lo sviluppatore che coordina il progetto, Hector Martin, per spiegare come funziona.

Asahi Linux, ora possibile il boot di Linux sui Mac M1

La parola a Hector Martin

Martin spiega in una serie di tweet quale sia il rapporto con Apple e sopratutto qual è la politica dell’azienda di Cupertino relativamente all’uso di sistemi operativi alternativi a macOS sui Mac.

C’è da precisare che in questo caso Linux non gira con bootcamp ma in maniera alternativa e definitiva rispetto a macOS: il MacBook Air M2 di Torvalds è stato formattato e Linux ha sostituito macOS in tutto e per tutto. Nessuna doppia partizione. La domanda diventa allora: Apple lo autorizza e lo permette?

Martin spiega: “Ok, è passato più di un anno ed è ora di porre fine alle speculazioni senza senso. Ho sentito dire da diversi dipendenti Apple che: 1. Il metodo di avvio che utilizziamo è per i sistemi operativi di terze parti e Apple lo utilizza solo per testare che funzioni, perché 2. È politica che funzioni”.

Questa informazione che Martin dà è molto importante e spiega bene qual è la situazione e il futuro di Asahi e di altre forme di Linux (o altri sistemi operativi, se è per questo) che possano andare sui Mac: “Apple non ha “lasciato la porta aperta” ai sistemi operativi di terze parti. Apple ha esplicitamente inserito il supporto per i sistemi operativi di terze parti, ed è un requisito fondamentale che continui a funzionare. Non ci aiuteranno a portare qualcosa su Mac, ma non chiuderanno assolutamente Asahi”.

Asahi Linux, ora possibile il boot di Linux sui Mac M1

La verità dietro Linux su Mac

Apple quindi non ha creato nessuna barriera all’utilizzo di Linux o altri sistemi operativi: un requisito base dei Mac è che possano essere avviati con un altro sistema operativo. Questo requisito richiede che il Mac sia effettivamente aperto e non che venga utilizzato tramite delle backdoor o dei jailbreak.

La differenza, per intendersi, è che gli iPhone e gli iPad (per quel che sappiamo) sono costruiti per non poter operare con nessun altro sistema operativo che il loro. I Mac invece sono costruiti per poter operare anche con sistemi operativi di terze parti. Non è assolutamente una cosa da poco.

La cosa è venuta a galla perché, data la visibilità dell’annuncio che Torvalds sta utilizzando Linux su un MacBook Air M2, le polemiche sull’effettivo funzionamento e liceità di questo uso “alternativo” a quello di Apple stanno popolando numerosi social, forum e anche siti di informazioni.

“Mi sono astenuto dal fare affermazioni concrete – ha scritto Martin – perché non voglio che la gente pensi che io abbia accordi segreti con Apple (non è così, nessuno mi fa sapere nulla), ma conosco alcuni dipendenti di Apple e siamo tutti stanchi delle speculazioni del tipo “Apple ucciderà Asahi domani” o cose del genere”.

Linux Kernel 5.13 supporta i Mac Apple Silicon M1

Una voce ufficiale dalla rete

Martin ci tiene a precisare, con un linguaggio piuttosto diretto, che le cose stanno come dice lui: “Hacker News, potete smetterla di dire stronzate. Non è una “supposizione” che questa roba esista per i sistemi operativi di terze parti. Non può “essere qualcosa di interno ad Apple che potrebbe scomparire da un momento all’altro”. Non è così che funziona, non lo è mai stato e ora vi dico che è ufficiale”.

C’è infatti questa indicazione che proviene da una voce molto autorevole, la quale spiega perché è possibile avviare i Mac usando un altro sistema operativo. Martin scrive: “Non è nemmeno una notizia perché Xeno Kovah (che ha inventato e progettato l’intero meccanismo di Boot Policy per i sistemi operativi di terze parti) ha già twittato su questa faccenda molto tempo fa, ma a quanto pare è necessario ribadirla”.

Kovah aveva scritto una cosa molto interessante il 18 dicembre del 2020, infatti: “Ho progettato di proposito un meccanismo in modo che i Mac M1 mantengano la capacità di avviare codice completamente arbitrario al posto di XNU, se gli utenti lo desiderano. Ma è necessario 1) riavviare il recoveryOS premendo il pulsante di accensione e 2) inserire le credenziali supportate da SEP. Il problema dell’esecuzione di codice arbitrario, come Martin ha detto nel suo tentativo di crowdfunding per portare linux sull’M1, è che il SOC non è documentato, quindi bisogna riutilizzare pezzi di XNU e/o fare reverse engineering di un po’ di roba”.

Questo è il punto: Apple permette di fare liberamente cose ma non aiuta e non facilita il lavoro. E non è detto che non possa cambiare rapidamente e radicalmente il funzionamento dei suoi computer. Conclude infatti Kovah: “Come ha detto un architetto senior “il contratto è che non c’è contratto”. In modo che Apple possa cambiare le cose per soddisfare le proprie esigenze, non quelle degli altri, per costruire la migliore esperienza macOS, che è ciò per cui la maggior parte dei clienti (oltre a voi che mi seguite) sono lì per questo”.

Linus Torvalds vorrebbe poter mettere Linux sui Mac con Apple Silicon
Lnus Torvalds

In conclusione

La situazione, chiarita da Martin, è quindi più semplice di quel che non sembra. Apple ha una policy di lasciare la porta aperta all’avvio dei suoi Mac usando un altro sistema operativo (e un altro bootloader) ma lo fa lasciando tutto il lavoro in mano agli sviluppatori esterni. Questo per consentire da un lato quella libertà di utilizzo che a un certo punto potrebbe essere richiesta anche dalle regolamentazioni internazionali antitrust ma sopratutto per uno spirito di libertà che è parte di quel che il Mac è, rappresenta ed ha rappresentato sinora.

Poi però tocca alle terze parti, in questo caso la community guidata dallo sviluppatore Hector Martin, fare tutto il lavoro. Che è davvero molto e complesso, nonostante ci siano stati talmente tanti progressi negli ultimi mesi da avere effettivamente una distribuzione Linux che funziona in maniera più che soddisfacente su Mac con Apple Silicon.

È questo il motivo per cui Martin chiude la sua esposizione su Twitter con un appello: “E nel caso in cui voi siate un dipendente Apple che sta pensando di rivelarci qualcosa di sostanziale, non fatelo: ripeto, non fatelo. È dannoso per tutti i soggetti coinvolti. Fate invece pressione sui vostri superiori per ottenere un supporto ufficiale che vada oltre l’avviabilità del Mac”.

In altre parole: dateci una versione open dei driver per far funzionare tutti i Mac anche con Linux.

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