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Apple disperata, per la Siri con Ai bussa alla porta di OpenAI e Anthropic

Disperazione o realismo? Che sia dettata dall’una o dall’altra cosa, la prospettiva che disegna una Apple pronta ad affidare l’intelligenza di Siri a modelli linguistici sviluppati da OpenAI (ChatGPT) o da Anthropic (Claude) avrebbe semplicemente dell’incredibile.

A disegnare lo scenario è però Bloomberg, testata storicamente affidabile e che in passato ha dimostrato di avere la capacità di interpretare le mosse della Mela e per questo la storia va raccontata.

Secondo il giornale finanziario la spinta a pensare a LLM di terze parti deriverebbe dalla presa di coscienza che, allo stato delle cose, il lavoro compiuto da Apple sul modello linguistico proprietario non ha la possibilità di dare rapidamente una base ai molti progetti in cantiere, da un iOS realmente in grado di competere con un Android con Gemini alle tante idee nel campo della casa digitale.

In sostanza Apple, che finora ha sempre difeso la superiorità delle soluzioni in-house, starebbe riconoscendo i limiti oggettivi attuali della propria IA generativa e, per colmare il divario con Google, Microsoft, Meta, Amazon, che già usano LLM avanzati nei propri assistenti vocali, deve rinunciare a una storica prospettiva.

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I volti del cambio di rotta

A guidare la rivoluzionaria svolta ideologica sono due figure chiave: Mike Rockwell, già a capo del lancio di Vision Pro, e Craig Federighi, responsabile dell’ingegneria software. Entrambi hanno ricevuto il compito di capire se i modelli Apple siano sufficienti o se sia meglio rivolgersi a tecnologie esterne ed entrambi avrebbero concluso che non c’è alcun modo di far maturare la piattaforma con la velocità che sarebbe necessaria.

I candidati in campo e i primi ostacoli

Apple avrebbe così individuato due possibili partner cui affidare la Siri con AI: OpenAI o Anthropic. L’azienda ha avviato discussioni con entrambe le realtà per testare versioni personalizzate dei loro modelli linguistici, progettate per funzionare su infrastrutture cloud proprietarie basate su chip Apple.

Attualmente la scelta preferita da Rockwell sarebbe Anthropic, ma durante i colloqui sono emersi ostacoli di natura economica: la startup avrebbe richiesto ad Apple un accordo da diversi miliardi di dollari all’anno, con cifre destinate a crescere sensibilmente nel tempo. Questa distanza sulle condizioni preliminari ha complicato le trattative, spingendo Apple a prendere in considerazione alternative come OpenAI o altri fornitori, qualora decidesse davvero di esternalizzare parte dell’intelligenza di Siri.

Curiosamente, nel 2023 OpenAI aveva già offerto ad Apple la possibilità di addestrare modelli per l’uso on-device, ma la proposta era stata respinta. Oggi, con l’evolversi degli eventi, quella rigidità sembra essere venuta meno.

In parallelo, Apple continua a lavorare su una versione di Siri basata sui propri modelli interni, progetto noto come “LLM Siri”, segno che l’ipotesi di abbandono dell’approccio proprietario non è ancora definitiva. Il progetto resta attivo, anche se l’attenzione del management sembra spostarsi con crescente decisione verso soluzioni esterne.

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Per mantenere fede alla propria filosofia incentrata sulla tutela della privacy, Apple ha chiesto che eventuali modelli di terze parti vengano eseguiti su server cloud controllati direttamente da Apple, utilizzando chip progettati internamente. L’obiettivo è garantire sicurezza e coerenza architetturale con il resto dell’ecosistema.

Un cambio storico

Affidarsi a modelli AI di terze parti non sarebbe una mossa isolata: Samsung, ad esempio, etichetta le sue funzioni sotto il marchio Galaxy AI, ma molte di esse si basano in realtà su Gemini, mentre Amazon ha già integrato la tecnologia di Anthropic nella nuova versione di Alexa+.

Il discorso è che quel che è comprensibile per altri, se lo si immagina guardando ad Apple, sarebbe un cambio di strada monumentale. Apple, infatti, ha sempre fatto dell’integrazione verticale e del controllo completo delle tecnologie una bandiera, sviluppando internamente tutto ciò che riguarda l’hardware, il software e anche i servizi.

Delegare a un soggetto esterno un elemento centrale come il “cervello” di Siri significherebbe rompere con una filosofia storica, che ha distinto Apple da tutti gli altri player del settore ed ammettere esplicitamente errori di valutazione e un ritardo ciclopico.

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Image courtesy by Apple

Le difficoltà interne

Non è un caso che il cambio di rotta, spiega Bloomberg, abbia creato tensioni all’interno del team AI di Apple. Lo sviluppatore di modelli LLM Tom Gunter ha lasciato l’azienda dopo otto anni. E il morale nella squadra guidata da Ruoming Pang, sotto la direzione di Daphne Luong, è in calo: c’è chi teme che l’uso di tecnologie esterne possa mettere in ombra gli sforzi fatti finora.

In parallelo, Apple ha dovuto trattenere in extremis il team responsabile di MLX, la sua libreria open-source per machine learning su chip Apple, dopo minacce di abbandono.

Appostato dietro l’angolo c’è Meta, che con il suo nuovo gruppo Superintelligence Labs sta letteralmente riscrivendo le regole del mercato del talento nell’intelligenza artificiale, offrendo a certi ingegneri stipendi annuali che vanno dai 10 ai 40 milioni di dollari — e in alcuni casi anche di più.

In confronto, Apple è nota per riconoscere compensi molto più bassi ai propri esperti AI, spesso pari alla metà o persino inferiori rispetto a quanto offerto dalla concorrenza. Questo squilibrio salariale alimenta il rischio di emorragia di talenti proprio nel momento in cui Cupertino ha più bisogno di rafforzare il proprio fronte tecnologico.

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