
Un esempio molto chiaro a tutti è quello dell’iPhone passare da 16 a 32 GB, due prodotti del tutto identici se non per il raddoppio della memoria, costa all’utente finale 100$, una maggiorazione che si traduce, conti alla mano, in un incredibile vantaggio economico per Apple. Il perché è nella differenza di prezzo d’acquisto e di rivendita delle due componenti; l’azienda americana compra grazie alla capacità di imporre le sue condizioni e ai volumi che genera (il 23% delle NAND mondiali viene comprato da Apple), quei 32 GB ad un prezzo molto basso: circa 11 dollari in più rispetto al modulo da 16 GB; in pratica la componente viene girata al cliente finale applicando un ricarico di oltre l’800%.
Sacconaghi svolge poi qualche interessantissimo calcolo per comprendere come questa strategia incida in maniera assai più determinante di quanto si possa immaginare sul bilancio Apple. Nel corso dell’ultimo quarto fiscale il contabile di Cupertino avrebbe messo a bilancio 2,2 miliardi di dollari in profitti operativi semplicemente maggiorando il costo delle memorie dei suoi dispositivi mobili; come dire che Apple guadagna 10 miliardi di dollari l’anno convincendo i suoi clienti a comprare un dispositivo che vale, circa, 10 dollari in più rispetto ad un altro, facendo spendere 100$ in più. Apple applicando questa «strategia incredibilmente vantaggiosa», come la definisce Sacconaghi, riesce a ricavare il 20% dei profitti operativi. E per capire meglio quanto sia vantaggiosa basta un paragone: tutti i produttori di memorie NAND al mondo in fatto di guadagni arrivano ad appena la metà di quello che riesce a guadagnare Apple.

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