I dipendenti Microsoft hanno scoperto che se cercano di mandare una mail usando nel testo termini quali “Palestina” o “Gaza“, la mail viene bloccata e non è possibile recapitarla all’esterno.
Il gruppo di protesta interno denominato The No Azure for Apartheid (NOAA) riferisce che “decine di dipendenti Microsoft” non sono stati in grado di inviare mail con i termini “Palestina”, “Gaza” e “Genocidio” come soggetto della mail o nel corpo del messaggio.
Parole quali “Israele” o “P4lestine” non attivano il blocco, spiegano i promotori di NOAA, parlando di un “tentativo da parte di Microsoft di silenziare la libertà di espressione dei dipendenti”, con una attività di “censura approvata dalla leadership Microsoft per discriminare i dipendenti palestinesi e i loro alleati”.
Microsoft ha confermato al sito The Verge di avere effettivamente implementato alcuni cambiamenti per “ridurre la circolazione di mail incentrate su temi politici” all’interno dell’azienda.
“Scambiare messaggi con un gran numero di dipendenti su argomenti non riguardanti il lavoro non è appropriato. Abbiamo un sistema di forum consolidato per i dipendenti che scelgono di affrontare questioni politiche”, ha riferito Frank Shaw, portavoce della Casa di Redmond. “Negli ultimi giorni, diverse mail incentrate sulla politica sono state spedite a migliaia di dipendenti dell’azienda e abbiamo adottato misure per cercare di ridurre queste mail per quanti non aderiscono a tali iniziative”.

Il blocco di questi termini arriva nell’ambito di una serie di proteste da parte di dipendenti Microsoft contro alcuni contratti aziendali con il governo di Israele. Nell’ambito della conferenza Build Joe Lopez, ingegnere nel team hardware Azure, ha interrotto il keynote del CEO Satya Nadella gridando “Palestina libera!”, prima di essere allontanato dalla sicurezza. Dopo l’episodio una mail di Lopez è arrivata a migliaia di dipendenti, per spiegare le motivazioni della sua azione, denunciando una presunta complicità di Microsoft con il governo israeliano nel conflitto a Gaza.
Lo scorso anno utenti Palestinesi che vivono all’estero avevano accusato Microsoft di avere chiuso loro account mail senza preavviso, tagliandoli fuori da svariati e cruciali servizi online, rendendo ad esempio impossibile accedere a conti bancari e offerte di lavoro, ma anche usare Skype (dal 2011 di proprietà Microsoft) per rimanere in contatto con familiari nella Striscia martoriata dal Conflitto.
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