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Il DNA di Apple e un mondo senza Mac e iPod

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Facciamo un gioco. Immaginiamo che non ci sia Apple. Che non ci sia mai stato uno Steve Jobs, il Mac, gli iPod, gli iPhone e gli iPad. Neanche il MacBook Air o la Airport Express. Nemmeno l’Apple TV. Come sarebbe il mondo? Uguale, più o meno. Ed è vero, perlomeno se si guarda alle “grandi cose”: la sofferenza dei popoli, le guerre, le carestie, gli eventi determinanti. Nel corso della storia con la “esse” maiuscola il ruolo di Apple, del suo creatore Steve Jobs e del team che la guida (come scrivevamo stamani su Macity, un team di persone ristretto e dalle capacità superiori alla media), non ci sarebbe un gran scuotimento. O forse no.

La tecnologia è una cosa strana, perché la diamo per scontata, pensiamo che sia quasi necessaria oltre che naturale, ma in realtà è del tutto artificiale, inventata, frutto di determinate scelte piuttosto che di altre. All’interno dei limiti e delle costanti della fisica, infatti, possiamo creare quel che vogliamo. E il ruolo di Turing e Von Neumann nel dare forma all’aspetto logico del computer è stato uno dei possibili sbocchi. Poi ricerca e mercato si incrociano: il peso di IBM e le scelte di Microsoft indirizzano tanto quanto la capacità degli innovatori tecnologici di trovare nuove strade e nuovi modi nei garage della classe media americana. Il cambiamento passa per infinite mediazioni.

Allora il mondo senza Apple appare più difficile da immaginare. Sarebbe un altro mondo, molto alieno dal nostro, in cui la società ha ricevuto e dato forma a tecnologie molto diverse. Apple ha segnato non solo l’aspetto computeristico ma anche sociale e pubblico delle nostre vite. Fa parte del panorama tanto quanto Nike e MTV. I suoi prodotti significano qualcosa, in un certo senso “parlano” con voce autonoma. E hanno insegnato a molti a usare gli strumenti di creazione e comunicazione digitale, cioè l’informatica e internet.

Il vuoto di Apple non sarebbe coperto da un’altra azienda che avrebbe fatto le stesse cose. L’iPad non è una necessità storica: al suo posto potevano esserci prodotti migliori o (più probabilmente) peggiori. Per fortuna abbiamo avuto questo mondo, questa storia, per quanto imperfetta (com’è destino che la storia sia) e quindi che ci siamo meritati vent’anni di Windows e solo dieci di OS X, trent’anni di Nokia e Blackberry e solo quattro di iPhone. Tre anni di inutlii netbook e solo uno e mezzo di iPad. Meglio che niente, meglio di niente. Il ragionamento serve a dire soltanto una cosa. Se davvero Steve Jobs è riuscito nella sua opera più difficile, cioè forgiare il DNA di Apple mescolandolo con il suo e lasciando al comando una pattuglia di manager capaci di portare avanti lo stile e la visione nata in questi ultimi quindici anni, allora neanche in futuro dovremo fare a meno di Apple.

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