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Una class action contro Apple e i giochi “freemium” che spennano i ragazzini

Apple potrebbe essere oggetto di una class action che negli USA ha come target l’acquisto di “loot box”, i forzieri virtuali per procurarsi ad esempio la possibilità di far avanzare di livello il personaggio in un gioco, elementi diventati una delle principali fonti di reddito nell’industria dei videogiochi.

Il sito Appleinsider riferisce di una azione legale depositata presso la Corte Distrettuale del Distretto settentrionale della California nella quale si afferma che Apple è complice nel favorire il gioco d’azzardo e comportamenti di dipendenza, permettendo agli sviluppatori di app e giochi freemium (o free solo all’inizio) di proporre “loot box” nelle app che è possibile scaricare dall’App Store.

“Non molto diversamente dalle pubblicità di compagnie di tabacco come Joe Camel, Apple mira a creare comportamenti che creano dipendenza nei ragazzi generando enormi profitti per l’azienda”, si legge nell’esposto. “Negli ultimi quattro anni i giochi sull’App Store dell’accusato hanno fruttato miliardi di dollari nonostante la maggior parte di questi giochi si scarichino gratis”.

Non è la prima volta che “loot box” sono oggetto di dibattito (un problema che, ovviamente, non riguarda solo l’App Store), una questione che ha spinto varie nazioni a chiedersi se questi “forzieri”, “punti extra” o “armi” a pagamento, debbano o meno essere qualificati come gioco d’azzardo e regolamentati di conseguenza.

Una class action vuole trascinare Apple in un procedimento legale per i “loot box”

La querelante, Rebecca Taylor, afferma che il figlio, di cui sono note le iniziali “C.T.”, ha speso almeno 25$ in carte regalo iTunes e i soldi dei genitori in loot box per continuare a giocare a Supercell’s Brawl Stars. Il ragazzo ha continuano ad accedere ad iPad e iPhone sui quali sono installati Brawl Stars e altri giochi “freemium”. Nella denuncia non si citano le funzioni di controllo parentale previste da Apple e le funzionalità che Apple prevede per impedire ai minori di acquistare contenuti digitali senza il consenso dei genitori.

La querelante punta il dito contro Apple perché, a suo dire, l’azienda non indica che alcuni giochi propongono “loot box” e non indica specifiche sull’età adatta per giocare ad alcuni titoli. A suo dire, le “loot boxes” non sono altro che gioco d’azzardo e, in quanto tali, sono proposte in violazione delle leggi della California.

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