È morto papa Francesco, il nome scelto da Jorge Mario Bergoglio, che dal 13 marzo 2013 era la massima autorità all’interno della Chiesa cattolica. Francesco è stato il primo papa gesuita, nonché il primo originario di un paese non europeo da molti secoli, e il primo a scegliere come nome Francesco. La sera della sua elezione Papa Francesco pronunciava la sua celebre frase di introduzione: “Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui.” In quel momento piazza San Pietro era gremita di fedeli con i loro smartphone alzati a immortalare il momento. Quell’immagine di migliaia di schermi luminosi che mediano l’esperienza diretta, pochi anni dopo l’immagine della stessa piazza al momento della presentazione di Papa Benedetto XVI, in cui i telefoni erano invece pochissimi, divenne involontariamente emblematica del pontificato che stava per iniziare.
Un Papa social
Sin dall’inizio, Papa Francesco ha mostrato una notevole apertura verso i nuovi mezzi di comunicazione digitale. La sua presenza sui social media è stata significativa, con account ufficiali su Twitter (poi X) attraverso @Pontifex e su Instagram mediante @Franciscus, che hanno diffuso immagini, messaggi pastorali e riflessioni spirituali a milioni di seguaci. Una rivoluzione di immagine al quale Papa Francesco partecipava in prima persona, assieme a uno staff “giovane” di sacerdoti ed esperti, a partire da padre Antonio Spadaro, gesuita italiano che è stato direttore della rivista “La Civiltà Cattolica”, pubblicazione storica della Compagnia di Gesù (ne parliamo perché la capacità di un Papa, come di qualsiasi altro leader, è di circondarsi di persone che arricchiscano e amplifichino il suo pensiero e la sua visione).
Padre Spadaro ha un interesse e una competenza molto forti nel campo della tecnologia digitale e il suo impatto sulla religione e la spiritualità. Ha scritto diversi libri sull’argomento, incluso “Cyberteologia” e “Web 2.0: Reti di relazione”, ed è stato uno dei consiglieri più ascoltati di Papa Francesco sui temi legati alla comunicazione digitale e alle nuove tecnologie. Per questo motivo padre Spadaro ha contribuito significativamente alla riflessione della Chiesa sulla cultura digitale e sul suo rapporto con la fede cattolica.
Francesco però non si fermava agli account social. Utilizzava regolarmente i video come mezzo di comunicazione, in particolare attraverso “Il Video del Papa”, un’iniziativa che diffondeva mensilmente le sue intenzioni di preghiera tradotte in 23 lingue. Questa comunicazione diretta e semplice, adatta al linguaggio dei social network, ha permesso a Francesco di raggiungere un pubblico vasto e diversificato, superando le barriere tradizionali della comunicazione ecclesiastica.
Oltre gli schermi
Nonostante la sua presenza digitale, Francesco non ha mai smesso di invitare i fedeli a un uso consapevole della tecnologia. “Se passiamo più tempo con il cellulare che con la gente, qualcosa non funziona“, aveva ammonito in uno dei suoi messaggi più incisivi sulla tecnologia. Nel suo videomessaggio di poche settimane fa, dello scorso aprile, aveva espresso il desiderio che “guardassimo meno gli schermi e ci guardassimo di più negli occhi“, sottolineando l’importanza di un uso equilibrato degli strumenti digitali. Ha più volte manifestato preoccupazione per il rischio che la connessione digitale finisse per isolare le persone dal loro prossimo, creando un paradossale effetto di solitudine nell’era della connettività globale.
La riflessione di Francesco sulla tecnologia era profondamente radicata nella dottrina cattolica. Il Pontefice considerava la tecnologia come “frutto dell’intelligenza che Dio ci ha donato”, inserendola nel contesto della creazione divina e della vocazione umana a essere co-creatori. Nel documento “Antiqua et nova”, pubblicato nel gennaio 2025, ha sottolineato che il dono dell’intelligenza è un aspetto essenziale della creazione degli esseri umani “a immagine di Dio” e che tale dono dovrebbe trovare espressione attraverso un uso responsabile della razionalità e della capacità tecnica. Papa Francesco era tutt’altro che contrario alla tecnologia e alla ricerca scientifica. Anzi, incoraggiava i progressi nella scienza e nella tecnologia, vedendoli come parte della “collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile“.
La dignità umana al centro
Tuttavia, un discorso è considerare la tecnologia un dono di Dio, e un altro è trasformarla in un feticcio o comunque abusarne. Invece, un principio fondamentale nella visione di Francesco era che la tecnologia dovesse sempre essere al servizio dell’essere umano e non viceversa. “La tecnologia non può avvantaggiare solo alcuni, mentre altri restano esclusi“, aveva detto, esprimendo preoccupazione per le disuguaglianze tecnologiche che potevano esacerbare i divari sociali esistenti. Sosteneva che la tecnologia dovesse essere “centrata sull’uomo, fondata su basi etiche“, ribadendo che i progressi tecnologici dovevano rispettare e promuovere la dignità umana. Questo principio è particolarmente importante nell’era dell’intelligenza artificiale, che poneva nuove sfide etiche e antropologiche: non a caso oggi leggiamo spesso il pensiero di frate Paolo Benanti. È un francescano del Terzo Ordine Regolare, teologo ed eticista, esperto di bioetica, etica delle tecnologie e intelligenza artificiale.
Soprattutto, Paolo Benanti è diventato una figura chiave nella riflessione etica sulle nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale. È membro della Pontificia Accademia per la Vita e ha avuto un ruolo importante come consigliere di Papa Francesco sulle questioni etiche relative all’intelligenza artificiale. È stato nominato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite al Comitato consultivo sull’AI, diventando una voce importante per portare la prospettiva etica e religiosa nelle discussioni globali sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale.
Fra’ Benanti ha sempre avuto un rapporto di fiducia con Papa Francesco, che lo ha consultato regolarmente su questioni relative all’etica delle nuove tecnologie. Il Papa si è affidato alla sua competenza per elaborare la posizione della Chiesa Cattolica sulle sfide etiche poste dall’AI e dalle tecnologie emergenti, considerandolo un ponte importante tra il mondo della fede e quello della tecnologia avanzata.

Tecnologia per il bene comune
In particolare, l’attenzione di Francesco alla tecnologia ha avuto un punto di attenzione forte che riguardava l’intelligenza artificiale. Nel documento “Antiqua et nova”, la Chiesa ha affrontato le questioni antropologiche ed etiche sollevate dall’AI, considerando particolarmente rilevante il fatto che questa tecnologia miri a imitare l’intelligenza umana che l’aveva progettata. Il Papa aveva incoraggiato un approccio etico all’AI, ribadendo la necessità che questa tecnologia rispettasse sempre la dignità umana. L’argomento era così importante che era stato anche oggetto di discussione nel contesto del G7, dove Francesco aveva portato la voce della Chiesa su una delle frontiere più avanzate della tecnologia contemporanea.
Nonostante le preoccupazioni, Papa Francesco vedeva numerose opportunità positive nell’uso della tecnologia. Invitava a utilizzarla per unire le persone, non per dividerle, e per aiutare i poveri e i bisognosi. Sottolineava il potenziale della tecnologia per migliorare la vita dei malati e delle persone con disabilità, offrendo nuove possibilità di inclusione e partecipazione. In linea con il suo messaggio ecologico espresso nell’enciclica “Laudato si'” del 18 giugno 2015, vedeva anche nella tecnologia uno strumento per prendersi cura della “casa comune”, a patto che fosse utilizzata con responsabilità e lungimiranza.
L’eredità digitale di Francesco
Alla fine, saranno certamente gli storici a valutare il ruolo e l’importanza di questo Papa venuto “dalla fine del mondo” e per i credenti lo Spirito Santo ne cercherà un erede capace di dare seguito al pensiero e arricchirlo ulteriormente.
È certo che il rapporto di Francesco con la tecnologia riflette una visione equilibrata che riconosce sia le opportunità che le sfide poste dall’innovazione tecnologica. Il Santo Padre ha utilizzato personalmente i mezzi digitali per raggiungere i fedeli di tutto il mondo, dimostrando un’apertura alle nuove forme di comunicazione. Al tempo stesso, ha mantenuto una prospettiva critica, radicata nella dottrina cattolica, che pone sempre al centro la dignità della persona umana. Il suo messaggio fondamentale, che la tecnologia debba essere utilizzata responsabilmente per servire il bene comune, rimane un’eredità preziosa in un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici.











