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Niente dita a “V” e “OK” nei selfie: si possono rubare le impronte digitali

Le dita a “V” con l’indice e il medio alzato sono un segno universalmente riconosciuto per simboleggiare la vittoria e il pollice alzato con il pugno chiuso è il simbolo di  “tutto va bene” ma hanno anche altri significati a seconda dei diversi contesti sociali, culturali e geografici. La prossima volta che scattate un selfie e pubblicate una foto su Facebook, Instagram e simili pensateci due volte: la qualità delle foto digitali è ormai talmente elevata che partendo dalle dita fotografate è stata dimostrata la possibilità di ricreare le impronte digitali e sfruttarle per scardinare dispositivi che usano tecnologie di rivelazione delle impronte.

Il professor Isao Echizen ha spiegato al Sankei Shimbun che lui e il team Digital Content and Media Sciences Research Division dell’Istituto Nazionale di informatica sono stati in grado di ricostruire le impronte elaborate da immagini catturate a tre metri di distanza, usando metodi e materiali comunemente disponibili.

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I dati rivelati dai lettori di impronte digitali possono essere ricreati se l’impronta è a fuoco e illuminata bene ha spiegato Echizen. In Giappone le dita a “V” sono un gesto molto comune tra le persone più giovani, che fanno il gesto quando posano per fotografie informali. Ovviamente la tecnica può essere usata anche non solo partendo dalle dita a “V” o da un “OK” ma anche da qualsiasi altra foto nella quale siano ben visibili i polpastrelli. L’uso di questi elementi, insieme a dati biometrici ricavati dal volto, offrono informazioni molto interessanti per i ladri di identità.

Visto che non vengono riportati specifiche dei sensori che è possibile ingannare partendo dagli fotografici è difficile dire se anche i dati rilevati da touch ID di Apple o di altri sensori di telefoni avanzati possano essere pescati da una foto ed utilizzati per ingannare il sistema: la risoluzione del rilevatore di impronte di Apple è di 550 Dpi ed è in grado di leggere anche i livelli sub-dermali sottraendo quelli dovuti allo strato superficiale di cellule morte dell’epitelio e dei segni che il tempo e gli incidenti procurano alla superficie del polpastrello.

Ai tempi dell’intelligenza artificiale applicata alla fotografia potrebbe essere possibile anche creare un sistema che confonda le impronte delle dita nella fase di caricamento sui siti “social”.

Echizen dichiara che il suo team sta sviluppando una pellicola di ossido di titanio per le impronte in grado di impedire questo tipo di furti ma potrebbero essere necessari anni prima dell’arrivo sul mercato: una società sempre più distopica e post apocalittica, più di quanto gli scrittori dei migliori romanzi di fantascienza avessero immaginato.

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