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I lavoratori a contratto protestano a Cupertino

Un gruppo di oltre 100 manifestanti, incluso il noto attivista statunitense Jesse Jackson, si è riunito ieri nel campus di Apple a Cupertino per protestare contro il trattamento dei lavoratori a contratto e consegnato una petizione con la quale si invitano i giganti dell’hi-tech a riformare il modello di lavoro.

Stando a quanto riporta il San Jose Mercury News, Jackson ha accompagnato i dimostranti, guidati dall’United Service Workers West, divisione regionale del Service Employees International Union, sindacato nazionale che già a novembre chiedeva un trattamento economico e condizioni migliori ai lavoratori a contratto che svolgono il ruolo di guardie di sicurezza negli uffici della Mela.

Il problema riguarda le basse retribuzioni dei lavoratori a contratto nella società che nella Bay Area si occupano di tecnologia, se paragonate a quelle di dipendenti con competenze più elevate. Una guardia di sicurezza che lavora a contratto con Apple percepisce una retribuzione oraria pari a 19.77$ l’ora, senza alcun benefit; una paga che secondo il SEIU-USWW non è sufficiente in base agli alti costi della vita nell’area.

Il reverendo Jackson ha appoggiato i manifestanti: “Ci meravigliamo della crescita di hitech e biotech ma siamo noi le fondamenta. Lottiamo nella pioggia oggi per la sicurezza del lavoro e per la giustizia” (una tempesta si sta scatenando in queste ore a San Francisco e aree vicine, e in alcune zone manca anche l’energia elettrica).

Jackson si è qualche giorno addietro incontrato con il CEO di Apple Tim Cook per discutere di diversità e diritti civili. Il reverendo, infatti, si trova a Cupertino per una conferenza sulla diversità organizzatati dalla Rainbow PUSH Coalition.

Dopo la partenza di Jackson, i manifestanti si sono trasferiti in una struttura con uffici di Apple per consegnare una petizione firmata da 20.000 persone e nella quale si chiedono diritti migliori per i lavoratori. Lo scopo dell’iniziativa è catalizzare l’attenzione su Apple affinché a sua volta faccia pressione su altre società della Silicon Valley come ad esempio Google e Facebook.

All’interno dell’edificio i manifestanti protestavano con lo slogan “Sí se puede” (equivalente spagnolo di “Yes, we can”) e mostravano un cartello con scritto: “Apple schiva le tasse, noi ne paghiamo il prezzo”. Art Pulaski, segretario dirigente della California Labor Federation ha spiegato ai manifestanti che la loro protesta è appoggiata dai sindacati di tutti gli stati; anche Pulaski si è unito ai manifestanti, dicendo: “È tempo per Apple di pensare diversamente”.

I diritti dei lavoratori a contratto sono parte di un problema molto più ampio che negli USA ha portato a un divario enorme tra il salario dei semplici operai e gli altri dipendenti. Alla base delle discordie la cosiddetta “gentrification”, l’insieme dei cambiamenti urbanistici e socio-culturali dell’area urbana (tradizionalmente popolare o abitata dalla classe operaia) risultanti dall’acquisto d’immobili da parte di popolazione benestante. Le aziende che si occupano di tecnologia hanno da qualche tempo cominciato a offrire flotte di bus ai dipendenti, facilitando l’arrivo sul posto di lavoro, anche a chi abita più lontano. A dicembre dello scorso anno alcuni manifestanti avevano bloccato in segno di protesta un autobus con impiegati di Apple a San Francisco e un bus che portava impiegati di Google a Oakland. I manifestanti sono arrabbiati con le aziende hi-tech perché i loro dipendenti hanno fatto aumentare i costi delle abitazioni a San Francisco.

Apple Inc.

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