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FLIF, un nuovo formato per le immagini del web

Il formato JPEG è ormai lo standard de facto sul web per le immagini bitmapped: si trova in pratica ovunque e vari tentativi di sostituirlo con altri formati, sono finora miseramente falliti. Persino il formato GIF, pur con sue varie limitazioni, grazie al supporto intrinseco per le animazioni, è ancora duro a morire; anche il formato PNG, con varie funzionalità intrinseche per la gestione delle immagini (senza perdita di informazioni e supporto alla trasparenza), non è ancora riuscito a rimpiazzare altri formati, nonostante il tentativo di Google di imporre da anni il formato WebP.

Le immagini in formato JPEG hanno varie limitazioni e sono più pesanti rispetto a quanto mediamente è possibile ottenere con algoritmi di nuova concezione, il motivo per il quale vari sviluppatori di tanto in tanto propongono nuovi formati. A dicembre dello scorso anno è stato proposto il BPG, sulla carta molto promettente (un’immagine di qualità comparabile che occupa 2MB in formato JPEG, occupa 150Kb in questo formato); ora è il turno di un nuovo formato ancora, che ha il vantaggio di essere progettato sin dal principio con il web in mente: si chiama FLIF (acronimo di Free Lossless Image Format).

Il formato sfrutta un meccanismo di codifica che è una variante del CABAC (context-adaptive binary arithmetic coding) sfruttato negli standard H.264/MPEG-4 AVC e nell’High Efficiency Video Coding (HEVC). È un formato lossless, in altre parole in grado di comprimere i dati senza perdita di informazioni e dunque garantendo il massimo della qualità. I file prodotti con questo algoritmo sono mediamente più piccoli del 10% rispetto a quanto è possibile ottenere con i concorrenti. La forza di questo formato, come accennato, è di essere intrinsecamente pensato per il web, con supporto a decine di varianti di qualità inferiore. È possibile vedere al volo un’anteprima sul web dando tempo al browser di caricare la versione completa (di maggiore qualità), tenere conto dei display Retina ed è esente da brevetti.

Come sempre, se non vi sarà il supporto dei big del settore (Microsoft, Google, Apple, ecc.), nonostante le buone intenzioni, il rischio è che rimanga un’ottima idea solo su carta.

 

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