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La produzione di chip Intel per Mac ed iPhone a rischio, Taiwan la vuole bloccare

Il piano di affiancare Intel a TSMC nella produzione dei chip per Apple deve seguire una strada lunga e accidentata, segnata da ostacoli anche di natura geopolitica. Le notizie che arrivano da Taiwan, paese in cui ha sede l’attuale fornitore principale dei processori di Cupertino, mostrano  la volontà del governo locale di opporsi a qualsiasi trasferimento tecnologico verso un concorrente statunitense per ragioni di sicurezza nazionale.

Il caso Wei Jen Lo

Il punto di rottura è nato dal caso di Wei-Jen Lo, ingegnere di lunga esperienza in TSMC passato a Intel dopo aver dichiarato di voler entrare nel mondo accademico. La discrepanza tra quanto comunicato e quanto accaduto ha fatto scattare, come spiega il New York Times, un campanello d’allarme ai massimi vertici governativi, che sospettano che dietro al nuovo incarico ci sia il tentativo di Intel di ottenere i segreti industriali custoditi dall’ingegnere. Le competenze maturate da Lo negli anni sono così sensibili da aver portato TSMC ad avviare una causa civile, sostenendo di aver ricevuto informazioni fuorvianti durante il colloquio di uscita.

Intel, dal canto suo, respinge qualsiasi accusa. L’azienda rivendica politiche interne molto rigide sulla gestione di dati riservati e considera l’intero episodio un normale movimento di talenti in un settore dove la mobilità è pratica comune.

Terremoto Taiwan, TSMC ha fermato linee produttive ed evacuato dipendenti
Foto di TSMC

Per il governo di Taiwan la leadership di TSMC non rappresenta soltanto un vantaggio economico, ma la principale garanzia di stabilità politica e diplomatica, il cosiddetto “Silicon Shield”. Se i processi produttivi più sensibili venissero replicati altrove, soprattutto negli Stati Uniti, la posizione strategica dell’isola si indebolirebbe.

Il rischio di perdere parte dell’asimmetria che rende Taiwan indispensabile nel panorama globale ha spinto il Parlamento a espandere la legge sulla sicurezza nazionale includendo anche i segreti industriali dei semiconduttori. Nessun brevetto, nessuna innovazione, nessun rischio di perderli, deve essere affrontato senza la supervisione della politica.

L’incognita sulla collaborazione con Intel

In questo contesto si inserisce la prospettiva del 2027 evocata dagli analisti, con la possibile produzione da parte di Intel dei primi chip della serie M destinati ai Mac e, dal 2028, di una parte dei chip A destinati agli iPhone. Una transizione del genere presuppone però la collaborazione di Taiwan, che al momento non ha alcun interesse a vedere erosa la propria centralità tecnologica.

A questo si aggiunge un fattore tecnico. TSMC resta il solo produttore capace di garantire nodi avanzati e continuità industriale ai livelli richiesti da Apple, Intel non è ancora in grado di competere con TSMC e non lo sarà per molto, specie in assenza di un aiuto di TSMC stessa. La crescita degli impianti statunitensi procede lentamente, le tecnologie a due nanometri sono ancora immature e i tempi necessari per colmare il divario sono lunghi, mentre TSMC prepara già la generazione successiva.

Una conclusione ancora lontana

Resta difficile immaginare che Taiwan e TSMC possano resistere all’infinito alle richieste di Apple, il suo principale cliente, e alla pressione politica degli Stati Uniti, il principale partner militare e stratetico oltre che l’unica potenza al mondo in grado di dissuadere la Cina dal riconquistare l’isola.

È altrettanto vero però che, allo stato attuale, lo scenario di chip prodotti da Intel negli USA sulla base delle tecnologie TSMC appare distante e confuso. L’obiettivo americano di ridurre la dipendenza da Taiwan e quello di Apple di diversificare la supply chain si scontrano con una realtà geopolitica che non può essere elusa. Qualsiasi evoluzione futura del progetto dovrà superare barriere politiche, strategiche e industriali che oggi restano ben salde, forse oltre l’orizzonte dell’attuale stagione politica americana.

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