Uno dei motivi per i quali le persone continuano a usare Google come motore di ricerca è che sono abituate a ritenerlo migliore a prescindere, senza mai avere preso in considerazione la possibilità di sfruttare altro.
Il Washington Post riferisce che un gruppo di ricercatori della Stanford University, dell’University of Pennsylvania e del MIT, hanno ideato un esperimento per capire se è in qualche modo possibile scalfire la popolarità di Google; hanno ingaggiato circa 2500 soggetti e monitorato le loro ricerche sul web per mesi. I partecipanti hanno ricevuto 10$ per usare per due settimane Bing anziché Google. Dopo questo periodo, i partecipanti dovevano indicare quale motore di ricerca preferivano tra Bing e Google; la maggior parte delle persone dopo 14 giorni è tornata a usare Google, ma un buon 22% ha deciso di continuare a usare Bing e sta continuando a farlo dopo settimane dalla fine dell’esperimento.
“Bing non è così male come pensavo”, ha dichiarato uno dei partecipanti, un professore associato in economia aziendale e Politiche Pubbliche dell’Università della Pennsylvania, citato nel sommario dei risultati dello studio.
I ricercatori non hanno testato altri motori di ricerca, ma i risultati hanno attirato l’attenzione di alcuni funzionari governativi statunitensi. Il procuratore generale del Colorado Phil Weiser, alla guida degli Stati americani che hanno citato in giudizio Google insieme al Dipartimento di Giustizia per ripristinare la concorrenza nel mercato dei motori di ricerca, ha riferito che i risultati dello studio hanno contribuito a mettere a punto proposte che dovrebbero porre fine al “dominio illegale” di Google nel settore delle ricerche online e della pubblicità digitale. Al giudice è stato chiesto, tra le altre cose, che Google finanzi una campagna pubblicitaria sulle ricerche alternative sul web, comprese il possibile ricorso a incentivi a breve termine e non è quindi da escludere che in futuro alcuni utenti potrebbero essere pagati per testare alternative a Google Search.
Il redattore del Washington Post che riporta dello studio sta provando da qualche giorno a usare alternative a Google e invita altri utenti a farlo, testando ad esempio DuckDuckGo, motore di ricerca che mette in primo piano la privacy (non memorizza alcun indirizzo IP, non registra informazioni sull’utente, usa i cookie solo quando strettamente necessario, liberando l’utente dalla bolla di filtraggio e dal tracciamento).

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