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Elusione fiscale, commissione d’inchiesta al senato USA: Apple nel mirino

La commissione d’inchiesta istituita presso il Senato americano per comprendere i meccanismi, ed eventualmente dare il via ad un procedimento legale, con il quale le aziende americane eludono il fisco statunitense ha concluso il suo lavoro. A dirlo è il New York Times in un articolo nel corso del quale Apple appare come una dei principali obbiettivi dell’indagine partita lo scorso anno.

Apple, assieme ad altre importanti realtà della tecnologia (tra cui Google, Microsoft e HP), è stata chiamata a testimoniare di fronte alla commissione, chiarendo le operazioni grazie alle quali solo il 30% dei suoi utili viene sottoposto a tassazione americana, mentre il resto figura come prodotto all’estero, questo nonostante la stragrande maggioranza del mercato, dipendenti, negozi oltre che la sede dell’azienda, siano negli Stati Uniti.  Secondo quanto riferito da  Levin, Apple, sarebbe riuscita ad evitare tasse per un totale di 34,2 miliardi di dollari dal 2009 al 2011 «Utilizzando questi schemi – ha detto Levin – le aziende americane hanno contributo al deficit di bilancio e con il loro comportamento determinano un aggravio del regime fiscale che pagano tutti i cittadini»

Le imprese che, come Apple, ricavano i loro profitti dal business digitale, download, proprietà intellettuali, brevetti, sono enormemente agevolate nell’applicare metodologie che le aiutano ad eludere il fisco che ha scritto le sue norme in un’epoca industriale dove chi produceva i maggiori profitti erano i costruttori di bene fisici, come automobili e i supermercati. Non sarebbe dunque un caso il fatto che, secondo una ricerca del New York Times, le 71 aziende di ambito tecnologico dello Stardard&Poor 500, pagano mediamente un terzo di meno delle tasse pagate dal resto delle imprese nello stesso listino. Apple è considerata una delle pioniere dell’ “ingegneria fiscale”; si deve ai fiscalisti di Apple lo studio e il lancio del Double Irish With a Dutch Sandwich, una tecnica di cui abbiamo già parlato in passato, con il quale si porta il denaro verso sussidiarie irlandesi, olandesi e poi nei paradisi fiscali dei Caraibi.

Apple ha replicato alla notizia, sottolineando di essere uno dei maggiori, se non il maggior, contributore in fatto di tasse e di avere condotto tutta la sua azione imprenditoriale «secondo i massimi standard etici e in accordo con tutte le leggi e le norme fiscali in vigore. Nel 2012 – dice Apple – abbiamo pagato 6 miliardi di dollari in tasse federali, che significa 1 dollaro ogni 40 raccolti dal governo»

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