La storica azienda dei robot aspirapolvere avvia il Chapter 11 negli USA dopo il fallimento dell’accordo con Amazon
iRobot presenta istanza di fallimento dopo 35 anni
iRobot, l’azienda fondata nel 1990 e nota per i robot domestici per la pulizia della casa come Roomba e Scooba, ha ufficialmente presentato istanza di fallimento.
Lo riferisce Bloomberg, spiegando che dopo 35 anni l’azienda ha chiesto un accordo di sostegno che permetterà di passare il controllo a Shenzhen PICEA Robotics, suo principale fornitore e investitore, e a Santrum Hong Kong.
L’azienda con sede nel Massachusetts ha presentato istanza di fallimento nel distretto del Delaware il 14 dicembre ricorrendo a quello che negli USA è noto come “Chapter 11”, la parte della legge fallimentare statunitense che consente alle imprese di avviare una ristrutturazione quando si trovano in dissesto finanziario.
Il piano di ristrutturazione e il trasferimento delle azioni
Il piano di ristrutturazione prevede il trasferimento a Shenzhen PICEA dell’intera quota azionaria; tutte le azioni ordinarie dell’azienda saranno eliminate con il passaggio all’amministrazione controllata.
Il sistema permetterà di cedere il debito alla società cinese, rispettare gli impegni nei confronti dei dipendenti ed effettuare, con la supervisione del tribunale, pagamenti a fornitori e altri creditori.
L’ipotesi del fallimento era diventata concreta a inizio dicembre dopo aver depositato documenti alla SEC dai quali era emersa la cessione del proprio debito a una società cinese nel tentativo di guadagnare tempo.
Il 24 novembre Santrum Hong Kong, controllata da Shenzhen Picea Robotics, aveva acquistato da vari fondi del gruppo Carlyle tutti i diritti relativi al prestito concesso a iRobot nel 2023, inclusa l’assunzione dei 190,7 milioni di dollari tra capitale e interessi ancora da rimborsare, con Santrum subentrata formalmente come nuovo amministratore del credito e soggetto titolare delle garanzie.
La mancata acquisizione di Amazon
A complicare la vita di iRobot negli ultimi anni anche la mancata acquisizione da parte di Amazon, elemento che ha portato l’azienda in una posizione ancora più fragile.
L’acquisizione potenziale era stata annunciata nell’agosto del 2022 ma era entrata immediatamente nel mirino delle autorità antitrust, in particolare dell’UE, sollevando preoccupazioni formali sull’eventuale impatto sulla concorrenza.
È molto probabile che Amazon abbia a un certo punto deciso di ritirarsi, probabilmente rendendosi conto che stava non solo per pagare troppo ma che non avrebbe mai ottenuto il permesso di fare quello che avrebbe voluto fare con i dati degli utenti di iRobot.
Ricavi in calo e dubbi sulla continuità aziendale
Già a marzo dello scorso anno iRobot aveva sollevato “seri dubbi” sulla propria capacità di continuare a operare; i ricavi erano crollati passando da 1,6 miliardi di dollari nel 2020 a 681 milioni nel 2024, e la previsione per il 2025 era di ulteriori flessioni fino a 525 milioni di dollari.
A ottobre il titolo era crollato del 36% in un giorno, perdendo circa un terzo del valore.
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