Un’altra causa giudiziaria fa vacillare uno dei pilastri storici della strategia Apple e la spinge a tutta forza verso quel mondo Ai al quale non è ancora preparata. A disegnare uno scenario dove Safari non avrebbe più come motore di ricerca Google ma alcuni dei servizi di Intelligenza artificiale, è stato Eddy Cue, vicepresidente senior dei servizi Apple, nel corso della sua testimonianza nel maxi-processo antitrust intentato dal Dipartimento di Giustizia americano contro Big G.
L’incubo di Eddy Cue, addio a Google
Cue, si legge su Bloomberg, ha presentato questo scenario sulla scorta sia della causa che potrebbe separare forzatamente le sorti dei due nemici (nel mondo mobile) amici (per quanto riguarda le strategie nel campo della ricerca di Internet) partendo dai dati che giungono dal numero di “search” attraverso Google.
Per la prima volta da quando esiste Safari, il numero di ricerche effettuate tramite il browser di Apple è calato, un fenomeno recente e mai visto, un segnale preoccupante che racconta di un cambiamento epocale in corso: gli utenti iniziano a cercare informazioni anche con strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT (che si è già proposto come motore di ricerca di iPhone), Claude o Perplexity, il segnale che Google come motore di ricerca perde rilevanza.
Apple guadagna una percentuale significativa dalla pubblicità generata dalle ricerche su Google fatte tramite Safari. È un flusso di cassa talmente importante che, come ha confessato lo stesso Cue, “toglie il sonno” l’idea di essere obbligati a cambiare. Ma la concorrenza – e soprattutto l’evoluzione tecnologica – richiedono un adeguamento che Apple avrebbe già messo in conto.
L’incubo di Safari: i motori Ai al posto di Google
Apple ha già avviato contatti con aziende come Perplexity e Anthropic per aggiungere le loro soluzioni di ricerca tra le opzioni disponibili in Safari. È stato lo stesso Cue a fare cenno a questa opzione e anche se questi strumenti “probabilmente non saranno quelli predefiniti”, prima dovranno migliorare soprattutto la qualità e la profondità dei loro indici di ricerca, ma in futuro saranno una opzione.
Cue è convinto che il cambiamento sia ineluttabile: “C’è abbastanza denaro ora, e abbastanza grandi attori in campo, che non vedo come questo cambiamento possa non avvenire”.
I large language model – come quelli dietro ChatGPT e Claude – continueranno a migliorare, e già oggi offrono esperienze talmente più ricche e interattive da attirare una fetta crescente di utenti, anche se non sono perfetti come Google nella ricerca classica.
L’incubo di Apple: un mondo post-iPhone
Nel suo intervento, Cue è andato anche oltre disegnando il vero incubo che agita Cupertino. Ha parlato di un “cambiamento tecnologico strutturale”, paragonando l’intelligenza artificiale a uno di quei rari momenti che riscrivono le regole. A un certo punto ha detto, quasi con leggerezza: “Fra dieci anni potresti non aver più bisogno di un iPhone, per quanto folle possa sembrare”.
Il senso di questa affermazione è che l’interfaccia uomo-macchina non sarà più necessariamente uno smartphone. L’AI potrebbe spostare il baricentro verso assistenti intelligenti, agenti autonomi e strumenti conversazionali che prescindono dal touch e dai sistemi operativi tradizionali.
Apple ha compreso da tempo che, con l’avanzare dell’intelligenza artificiale, molte funzioni oggi affidate al sistema operativo e alle app potrebbero essere sostituite da modelli generativi e assistenti virtuali. È una trasformazione profonda, che minaccia le fondamenta non solo dell’iPhone ma dell’intero modello di profitto basato sul controllo della piattaforma.
Lo scenario è complesso e carico di incognite. Apple dovrà trovare il modo di monetizzare questo nuovo mondo — un mondo senza Google e senza un sistema operativo centrale — mantenendo però la qualità dell’esperienza utente, la privacy e l’affidabilità che hanno reso l’ecosistema Apple così riconoscibile.











