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Intel boccia la fabbrica di chip in Regno Unito per la Brexit

Pat Gelsinger, CEO di Intel, ha riferito alla BBC che a causa della Brexit la multinazionale da lui guidata non ha più intenzione di costruire una fabbrica per la produzione di chip nel Regno Unito. La decisione è dovuta alla fuoriuscita dall’Unione europea, ma Intel ha ad ogni modo in programma di costruire almeno due nuove fabbriche di semiconduttori all’avanguardia in Europa, con piani per investimenti futuri che potrebbero raggiungere gli 80 miliardi di euro nel corso del prossimo decennio.

Il dirigente Intel ha anche delineato gli elementi della strategia IDM 2.0 precedentemente annunciata dall’azienda spiegando che tali programmi interesseranno specificamente i settori automotive e mobility nell’Unione Europea. A settembre Intel ha annunciato l’intenzione di stabilire uno spazio dedicato all’attività di fonderia presso la sua fabbrica in Irlanda e di lanciare l’iniziativa Intel Foundry Services Accelerator per aiutare i progettisti a migrare chip come quelli per il settore automobilistico su nodi avanzati.

Pat Gelsinger è il nuovo CEO di Intel
Pat Gelsinger

Per questo l’azienda sta allestendo un nuovo team di progettazione, offrendo proprietà intellettuale (IP) sia dedicata che basata su standard di settore per supportare le specifiche esigenze dei clienti nel settore automotive. Gelsinger ha spiegato che la sua azienda nei prossimi 10 anni intende investire fino a 95 miliardi di dollari in Europa per aprire o aggiornare impianti che si occupano della produzione di semiconduttori.

Con la Brexit e l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, e tutto ciò che questo comporta, Gelsinger ha riferito di almeno 70 proposte per uno stabilimento Intel in vari siti europei in 10 diverse nazioni. «Siamo fiduciosi di arrivare a un accordo per un sito così con il supporto dell’UE prima della fine dell’anno».

I microchip sono fondamentali per i settori più disparati, dalle auto alle lavatrici, ma da tempo vari produttori lamentano una carenza di chip a causa dell’impennata della domanda e problemi nelle catene di approvvigionamento, con conseguenti aumenti di prezzi in vista. La situazione dovrebbe migliorare nei prossimi mesi, ma una stabilizzazione è prevista non prima del 2023.

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