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La logica dietro alla touch bar Apple

 

[banner]…[/banner]Se c’è una cosa che non manca ad Apple è la coerenza. Ed è confortante vedere che l’azienda mantiene forte l’identità visiva, logica, tecnologica e dell’innovazione. Prendiamo ad esempio la nuova (multi)touch bar che permette di interagire con dieci dita direttamente sul computer. Niente schermo touch, niente più tasti funzione, “semplicemente” un sistema dinamico che cambia a seconda delle app che si usano e si può personalizzare all’infinito.

Era il gennaio 2007, dieci anni tra pochi mesi, quando Apple presentò l’iPhone. L’elemento caratteristico e rivoluzionario dell’apparecchio da tasca era lo schermo multitouch che mandava in pensione la tastiera tradizionale, sostituendola con una tastiera virtuale praticamente infinita: qualsiasi combinazione di funzioni e tasti poteva prendere il posto della precedente in qualsiasi momento.

Apple nel frattempo ha lavorato molto sulle tastiere tradizionali dei suoi computer, riducendo i tasti al formato a “isola” e poi introducendo il meccanismo di attuazione a farfalla anziché a forbice, riducendo ancora di più la corsa e l’escursione del tasto. Il sistema del MacBook 12 è stato migliorato sui nuovi MacBook Pro ma solo una approfondita prova ci consentirà di capire se è più efficiente del già ottimo sistema precedente.

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Invece, la striscia alta un centimetro dei MacBook Pro mantiene la vocazione del multitouch coerentemente portato avanti su iPhone, iPad e Apple Watch, oltre che sul telecomando dell’Apple TV (in maniera per adesso parziale, poi vedremo), e aggiunge funzionalità, modalità, potenzialità. È una rivoluzione? Certo, ma umile: altri in passato avevano “giocato” con le tastiere dei computer portatili ma solo Apple ha potuto cambiarla con coerenza.

Una innovazione che costa (quasi trecento euro di differenza tra i due MacBook Pro 13 con e senza il touch bar) ma che conta anche. È uno strumento che ha senso, che aggiunge, che modifica rendendo migliore, e che si accompagna anche a una trackapd di proporzioni e dimensioni davvero generose.

La filosofia di Apple dice anche molto per quanto riguarda la convergenza dei suoi apparecchi. macOS e iOS non convergono tanto nella architettura delle loro rispettive applicazioni quanto nella modalità di input, sempre più fisica e gestuale, pur nel rispetto dei rispettivi ambiti e delle rispettive diversità. Così gli iPad Pro conquistano penna e tastiera in kevlar, con tasti embrionali ma funzionali, mentre i MacBook Pro (e speriamo anche gli iMac e Mac mini più avanti con le tastiere Bluetooth) conquistano la barra touch che permette di “toccare” le funzioni e i comandi, evitando la scomodità di toccare lo schermo, che rimane disponibile ma al tempo stesso puro e distante.

La coerenza, l’integrazione, la personalizzazione. Il sistema di Apple è sempre più allineato e sempre più interessante. Come potrà evolvere ulteriormente? Le touch bar, piccolo capolavoro di ingegneria e design, dimostrano che progettare qualcosa per Apple non vuol dire come è fatto ma come funziona, come si muove. E anche in questo caso la cosa ha senso.

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