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L’Intelligenza Artificiale riconosce ogni singolo leone dal ruggito

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Scienziati dell’Università di Oxford hanno usato algoritmi di machine learning (apprendimento automatico) e scoperto che ogni leone ha un suo specifico ruggito, identificabile e tracciabile.

Da precedenti ricerche era già emerso che i leoni ruggiscono all scopo di comunicare con altri membri del branco e spaventare avversari. Ora si è riusciti a comprendere in che modo questi mammiferi riescono a riconoscersi tra loro.

Gli scienziati della Oxford University hanno cercato di capire questi dettagli creando un dispositivo denominato “biologger” collegato a esistenti collari GPS , memorizzando l’audio e dati sul movimento degli animali. I vari dati rilevati sono stati associati, incrociandoli con lle registrazioni dei ruggiti.

I dati ottenuti dai biologger sono stati usati per addestrare un algoritmo di riconoscimento di schemi (pattern) e individuare il ruggito di ciascun leone. L’algoritmo è stato testato anche su registrazioni mai elaborate prima.

Si è scoperto che a ogni ruggito corrisponde una frequenza caratteristica. L’algoritmo tiene conto di queste frequenze per abbinare il ruggito a ciascun leone, con una accuratezza del 91,5%.

L’Intelligenza Artificiale ha permesso di individuare unicità nei ruggiti dei leoni

La possibilità di identificare con precisioni i ruggiti può essere di aiuto per proteggere i circa 20.000 esemplari ancora in vita. La riduzione dell’habitat e il bracconaggio mettono in pericolo la sopravvivenza di questi i mammiferi la cui esistenza è da tempo in declino.

In tutta l’Africa, secondo quanto riferisce l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, sopravvivono attualmente meno di 20.000 esemplari, il 42% in meno rispetto a 21 anni fa. Questi animali sono già estinti da dodici Paesi dell’area sub-sahariana. “La possibilità di valutare a distanza il numero di singoli individui in una popolazione tenendo conto dei loro ruggiti, potrebbe rivoluzionare il modo con il quale si valutano le popolazioni dei leoni”, spiega Andrew J. Loveridge della Wildlife Conservation Research Unit (WildCRU) del Dipartimento di Zoologia all’Università di Oxford. I vari dettagli della ricerca si trovano a questo indirizzo.


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