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Murdoch vuol bloccare le ricerche Google sui suoi siti

In una recente intervista rilasciata a Sky News Australia Rupert Murdoch lancia la sfida a Google: presto tutte le notizie generate dalle testate del proprio gruppo potrebbero essere rese completamente invisibili per gli aggregatori online di news, in primo luogo per Google.

Il magnate dell’editoria, suo è il colosso News Corporation che include decine e decine di testate giornalistiche, canali satellitari, siti Internet, è tornato così alla carica in una nuova battaglia della guerra che lo vede contrapposto al sistema di distribuzione gratuito delle notizie imperante su Internet, in modo particolare contro Google News. Murodch sostiene che gli aggregatori raccolgono gratuitamente le news generate dalle proprie testate, per poi generare traffico Web e pubblicità  su altri siti e ovviamente a maggior vantaggio di Google, senza però che quest’ultimo riconosca una percentuale o un compenso per l’editore.

Murdoch aveva anche bollato come un “fenomeno destinato a finire” la visione di news gratuite su siti del suo impero, arrivando anche a contestare l’applicazione per iPhone che forniva l’accesso al sito del Wall Street Journal, che al lancio non prevedeva alcun costo per la consultazione degli articoli che su Internet erano invece a pagamento.

Ricordiamo che nell’impero editoriale di Murdoch rientrano testate storiche come The Wall Street Journal, New York Post, London Times: se la minaccia di Murdoch venisse messa in atto le notizie di questi e molti antri quotidiani scompariranno dagli aggregatori Web, con l’obiettivo di sostenere un accesso alle news da parte degli utenti solo dietro pagamento. Oltre a Google, tra gli aggregatori citati da Murdoch come pericolosi per le strategie el gruppo News Corporation, ricordiamo anche Microsoft e Ask.com.

Che davvero Murdoch possa permettersi di rendere invisibili a Google i suoi siti in molti lo dubitano. Anche fosse vero che i naviganti che arrivano dai motori di ricerca portano poco valore aggiunto, le pagine web dell’agglomerato imprenditoriale del magnate australiano perderebbero milioni di visitatori al giorno e quindi anche milioni di impression, oltre che milioni di occasioni per un click sui banner. Una situazione che potrebbe diventare facilmente indigesta agli inserzionisti.

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