La Commissione europea ha annunciato una sanzione da 2,95 miliardi di euro per Google, accusando queat’ultima di violazione norme antitrust dell’UE e avere provocato distorsioni alla concorrenza nel settore delle tecnologie pubblicitarie (“adtech”).
“Ha favorito i propri servizi di tecnologia pubblicitaria online a scapito dei fornitori concorrenti di servizi di tecnologia pubblicitaria, degli inserzionisti e degli editori online”, scrive la Commissione ordinando a Google di porre fine a pratiche di auto-preferenza e di attuare misure specifiche.
La pubblicità è la principale fonte di reddito di Google, venduta sui propri siti web e applicazioni, e fa da intemerdiaria tra tra inserzionisti che desiderano pubblicare i propri annunci online ed editori, terze parti, siti web e app.
Gli inserzionisti e gli editori fanno affidamneto a strumenti digitali del settore adtech per il posizionamento di annunci pubblicitari in tempo reale, annunci non collegati a query di ricerca, inclusi banner in siti web di giornali. La decisione dell’UE è stata innescata da una denuncia del Consiglio europeo degli editori e arriva in concomitanza di minacce da parte del l presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di ritorsioni contro l’Unione europea per le pressioni contro le Big Tech.
Google avrebbe favorito i suoi servizi Adtech
Secondo la Commissione (qui i dettagli), Google avrebbe favorito i propri servizi di visualizzazione online a scapito dei concorrenti e degli editori online, abusando del suo potere di mercato dal 2014 a oggi. La Commisione ha chiesto a Big di porre fine a pratiche che favoriscono quest’ultima e di attuare misure necessarie per eliminare i conflitti di interesse nell’ambito dell’adtech.
Lee-Anne Mulholland, Vicepresidente e Responsabile Globale degli Affari Regolamentari di Google, ritiene che “la decisione della Commissione Europea sui nostri servizi di tecnologia pubblicitaria è errata”, spiegando che l’azienda farà ricorso. “Si impone una sanzione ingiustificata e si richiedono modifiche che danneggeranno migliaia di aziende europee, rendendo più difficile per loro generare profitti”. E ancora: “Non c’è nulla di anticoncorrenziale nel fornire servizi ad acquirenti e venditori di pubblicità, e ci sono più alternative ai nostri servizi che mai”.
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