Brilliant Labs, la startup di Singapore fondata dall’ex Apple Bobak Tavangar, ha appena presentato Halo, la seconda generazione di occhiali smart con intelligenza artificiale integrata. Dopo il debutto di Frame a febbraio 2024, l’azienda torna con un modello dal design più classico, pensato per essere indossato anche con lenti graduate grazie alla collaborazione con SmartBuyGlasses, disponibile in oltre 100 paesi.
A prima vista, Halo è un paio di occhiali in stile wayfarer, ma al suo interno nasconde una tecnologia da vero assistente AI: microfono, fotocamera, altoparlanti a conduzione ossea, batteria da 14 ore di autonomia e un display OLED a colori. Il tutto in appena 40 grammi di peso.
L’AI guarda e ascolta
Come per Frame, anche in Halo troviamo Noa, l’assistente AI “multimodale” progettato per interagire con il mondo reale: riconosce oggetti, legge testi, descrive ciò che inquadri, traduce scritte straniere e fornisce risposte in tempo reale grazie a GPT-4, Stable Diffusion e Perplexity AI.
Tuttavia qui Noa promette anche di conversare in modo “naturale e intuitivo, come una persona reale”, grazie alla capacità di comprendere suoni, immagini e contesto in tempo reale.
Il vero salto, però, sta in una nuova funzionalità chiamata Narrative, un sistema di “memoria agentica” che promette di ricordare tutto: nomi, luoghi, conversazioni, anche a distanza di anni. Una specie di diario automatico, costruito registrando costantemente audio e video da ciò che vedono e sentono gli occhiali.
Un display nella visione periferica
A differenza di altri occhiali smart con lenti a realtà aumentata, Halo non sovrappone le informazioni al campo visivo centrale.
Invece, utilizza un sistema che proietta i dati nella visione periferica dell’utente che li indossa. Quindi testo, indicazioni o immagini non compaiono davanti agli occhi bensì ai lati del campo visivo, dove l’occhio ha meno precisione e attenzione ai dettagli.
Probabilmente si tratta di un compromesso per contenere peso e costi, ma a discapito della qualità dell’esperienza visiva. Questo perché usare “la coda dell’occhio” alla lunga è affaticante e tutta l’esperienza risulta meno immersiva. Ma se è vero che da un lato i contenuti rischiano di passare inosservati, dall’altro il mondo reale rimane il soggetto principale della propria vita.
Cosa cambia rispetto ai Frame
Mentre il peso resta pressoché identico, tra i Frame e i nuovi Halo non cambia soltanto lo stile, datosi che si passa da un modello panto ispirato a Jobs e Lennon a un più classico wayfarer.
Se infatti i Frame sono pensati per esplorare il potenziale dell’AI indossabile in modo discreto, Halo punta a rendere l’assistente personale ancora più potente e autonomo, grazie a una vera e propria “memoria personale digitale” (Narrative) e a fotocamera e microfono per registrare costantemente tutto ciò che accade nella vita di chi li indossa.
Dove finiscono i dati raccolti?
Brilliant Labs afferma che Noa agisce come una VPN cognitiva, garantendo privacy e controllo totale da parte dell’utente. Ma la storia delle tecnologie connesse insegna che nessuna promessa è eterna e i dati personali, una volta raccolti, tendono a diventare asset economici.
Insomma: chi controlla quel database? può essere violato? de-anonimizzato? è davvero privato datosi che viene gestito da un’azienda e non dall’utente? Chi ci garantisce che i dati raccolti a un certo punto non vengano analizzati, monetizzati o richiesti da terze parti (come governi o aziende pubblicitarie)? sono domande lecite e per le quali l’azienda fornisce rassicurazioni generiche, parlando di VPN cognitiva e di controlli granulari, ma senza offrire reali garanzie tecniche o giuridiche a lungo termine. E quando si tratta di dati così personali e intimi, la fiducia da sola non può bastare.
Stiamo dimenticando come si ricorda
Questi occhiali sollevano anche un’altra questione: l’atrofia della memoria, un problema di cui la letteratura scientifica degli ultimi anni ha acceso i riflettori, collegandolo all’uso sempre più massiccio di smartphone e dispositivi digitali.
Diversi studi parlano di amnesia digitale, ovvero la tendenza a dimenticare informazioni che sappiamo di poter recuperare facilmente tramite un dispositivo. È un meccanismo psicologico documentato: più ci affidiamo alla tecnologia per ricordare, meno ci sforziamo di farlo con la nostra mente. E più la tecnologia diventa pervasiva, più la nostra memoria si indebolisce.
Banalmente, lo smartphone non solo ci evita di dover ricordare i numeri di telefono, ma concentrando le conversazioni attraverso uno schermo di fatto – dicono – non fissiamo più i dettagli delle conversazioni. Fotografiamo tutto, ma viviamo e ricordiamo meno.
Con Halo il rischio è ancora più marcato: gli occhiali registrano costantemente ciò che vediamo e sentiamo, costruendo una memoria esterna che si sostituisce progressivamente a quella biologica. Non servirà più ricordare, basterà cercare. Ma a quel punto, che valore avranno ancora i nostri ricordi?
E non è solo una questione personale. Se deleghiamo completamente la conservazione delle informazioni a dispositivi esterni, finiamo anche per perdere il controllo del nostro passato. Perché chi controlla quei dati – e quindi può filtrarli, riscriverli o cancellarli – controlla la nostra percezione della realtà.
Prezzo e disponibilità
Halo può essere preordinato già oggi a 299 dollari, con spedizione prevista per fine novembre 2025. Come dicevamo le lenti graduate saranno acquistabili separatamente tramite SmartBuyGlasses.
La tecnologia dietro Halo è notevole e l’integrazione AI è tra le più avanzate nel panorama degli indossabili. Ma le domande sul prezzo cognitivo e sociale che potremmo pagare in termini di privacy, memoria e autonomia mentale restano tutte aperte.






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