“Perché proprio Leone?”. Alla ricerca di una risposta per il nome che Robert Francis Prevost si è scelto dopo l’elezione del nuovo Pontefice si è andati immediatamente alla figura di Leone XIII, il Papa che a fine Ottocento parlò con coraggio della questione operaia nella Rerum Novarum. La conferma che l’idea era giusta arriva dallo stesso Papa Prevost; giusta è anche la volontà di un ministero papale che abbia un primo piano l’attenzione per sociale. Sorprendente e straordinariamente moderna è, invece, la sfumatura.
“Diverse – ha detto Papa Leone nel suo primo discorso al Collegio Cardinalizio – sono le ragioni per cui ho pensato di prendere il nome di Leone XIV. Però principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro.”
Che il nuovo Papa abbia deciso di chiamarsi Leone riflettendo sul tema e sul significato dell’intelligenza artificiale e alla rivoluzione industriale da cui deriva e poi ne consegue è sorprendente fin dalle fondamenta.

Tutti i Papi scelgono il nome come una sorta di titolo del proprio ministero, e tutti i Leone della storia della Chiesa, in un modo o nell’altro, hanno scelto di chiamarsi così riferendosi al più noto dei Leone: Leone Magno, considerato uno dei più grandi Papi della storia per il suo ruolo teologico, diplomatico e pastorale.
Fu così anche per Vincenzo Gioacchino Pecci, eletto Papa Leone XIII nel 1878, che si scelse il nome di un “pastore dotto e deciso nei tempi della decadenza imperiale, segnale di forza e continuità in un’epoca che sembrava travolgere l’autorità papale”, come scrive Ludwig Pastor, storico della Chiesa, nella sua monumentale Storia dei Papi.
Anche Leone XIV si inserisce in questa linea storica e simbolica, ma si collega non alla necessità che ebbe Leone Magno di affrontare il crollo dell’Impero e del Papato, bensì alla necessità di giustizia e inclusione che deriva dall’epoca dell’intelligenza artificiale. Una stagione nuova, che solleva domande profonde sull’umano, sulla giustizia, sull’accesso alle risorse, sulla libertà delle coscienze.
Nel richiamare il nome di Leone XIII, il nuovo Papa non ha quindi voluto rifugiarsi nel passato. Al contrario, ha voluto suggerire una direzione per il futuro: così come la Chiesa seppe rispondere alla rivoluzione industriale con parole nuove e coraggiose, così oggi è chiamata a confrontarsi con la rivoluzione digitale, con la stessa lucidità e lo stesso impegno per la giustizia.
Papa Leone XIV non parte da zero. Già Papa Francesco aveva più volte affrontato il tema dell’intelligenza artificiale, invitando a non cedere all’entusiasmo cieco né alla paura, ma a percorrere la via del discernimento etico. Dal 2020 in poi, ha sostenuto iniziative come il Rome Call for AI Ethics, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita, coinvolgendo grandi attori della tecnologia (da IBM a Microsoft) in un appello condiviso per uno sviluppo umano dell’AI. Più volte ha denunciato il rischio che gli algoritmi diventino strumenti di esclusione, controllo o diseguaglianza.
Questo stesso approccio che in qualche modo riferisce alla morale e alla giustizia è stato ripreso anche dalla società civile e dalle istituzioni. In Italia, il governo ha scelto padre Paolo Benanti – francescano, teologo e ingegnere – come presidente della Commissione sull’intelligenza artificiale. Una figura-ponte tra fede e scienza, già consigliere del Vaticano, che oggi siede anche nella commissione ONU per l’etica digitale. Il suo ruolo è il segno concreto che il pensiero cristiano non si limita a osservare la trasformazione tecnologica, ma vi partecipa attivamente, con competenza e senso del bene comune.
Giustizia, infatti, oggi significa anche garantire che l’accesso alla conoscenza, ai dati, alle opportunità generate dall’AI non diventi privilegio di pochi. Significa vigilare perché nessuno venga lasciato indietro in nome dell’efficienza. Significa riconoscere, ancora una volta, che la tecnica deve servire la persona, e non viceversa.
In questo senso, Leone XIV potrebbe essere inteso come un segno profetico per la missione del nuovo Papa e quindi per tutta la Chiesa. Indica la volontà di affrontare il futuro con uno sguardo di attualità, nella consapevolezza che oggi non c’è giustizia sociale senza accesso equanime, morale e in definitiva giusto ai beni e alle risorse che l’umanità produce.
Ma indica anche che ogni intelligenza – anche quella artificiale – ha bisogno, prima di tutto, di un cuore umano che sappia orientarla.












