Dopo Apple, anche Google ha inviato sue indicazioni in merito al Digital Markets Act (DMA), il regolamento dell’Unione Europea pensato per rimodulare il modo in cui alcune aziende tecnologiche progettano i loro prodotti, con tutta una serie di norme che stanno avendo ripercussioni su molti aspetti dell’esperienza degli utenti europei con prodotti e servizi vari.
Nel corso degli ultimi mesi, la Commissione Europea, che è responsabile del DMA ed è consapevole della necessità di migliorare alcuni aspetti, ha sollecitato ulteriori feedback da parte delle aziende e dei cittadini europei riguardo agli effetti della legge e dopo le contestazioni di Apple (e replica del portavoce della Commissione) è arrivato il turno di Google.
L’azienda di Mountain View sembra più cauta rispetto ad Apple ma non dimentica di deplorare ad esempio restrizioni alle pubblicità in Google Search, che vietano a Big G di utilizzare i propri servizi per pubblicizzare luoghi turistici e altre compagnie aeree. Secondo Google (qui dettagli) l traffico di prenotazione diretta tramite Google Search nell’UE per quanto riguarda i viaggi è diminuito del 30%.
Big G non è l’unica ad essere colpita da questo problema e secondo uno studio (certamente commissionato dal CCIA, che raggruppa GAFAM (le cinque principali multinazionali tecnologiche occidentali: Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft) e altre grandi aziende del settore informatico) l’economia europea potrebbe perdere fino a 114 miliardi di euro di entrate a causa del DMA.

Google evidenzia che il suo sistema non genera alcun costo aggiuntivo, a differenza degli intermediari che hanno preso il suo posto, ottenendo una percentuale su ogni prenotazione.
Meno protezione da malware e spam
Ma questa non è l’unica lamentela di Google nei confronti del DMA. ALlpari di Apple, Google punta il dito contro la normativa vigente nell’UE, colpevole di i indebolire difese intrinseche del suo sistema Android contro malware e spam che potrebbero attaccare gli utenti.
Google evidenzia che il suo sistema è superiore ad altri, spiegando che è “aperto by design” e consente di scaricare app da altre fonti (noto come “sideloading”) e che nella maggior parte dei dispositivi è già possibile usare App Store alternativi, apertura che è ad ogni modo minacciata dal DMA con le possibili e la proliferazione di app fraudolente che simulano l’aspetto di altre app e sfuggono ai controlli, e marketplace dove l’utente non sa a chi rivolgersi in caso di problemi.
Google afferma di essere preoccupata anche per l’innovazione per via di una legislazione ritenuta troppo vaga e troppo incerta: a suo dire è più difficile innovare nell’UE per colpa del DMA. Come Apple, anche Google riferisce di essere stata costretta a eliminare, castrare o ritardare diverse funzioni a causa di incertezza e della moltitudine di livelli normativi nei quali fare slalom.
Google è in generale meno disastrosa di Apple nei confronti del DMA ma riferisce ad ogni modo la necessità di un “reset”, auspicando una legislazione futura ben “chiara che tenga conto “dell’utente” e “basata sui fatti”, con elementi che consentano di “migliorare i mercati digitali anziché deteriorare la loro sicurezza, integrità, qualità e utilità”.
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