Gli iPhone per il mercato USA non saranno più prodotti in Cina. Ma il mondo MAGA non dovrebbe esultare troppo, perché non saranno mani americane ad avvitare “le vitine degli smartphone”, come auspicato dal segretario al commercio statunitense, Howard Lutnick: saranno invece mani di operai indiani.
Apple, secondo quanto riportato dal Financial Times, ha infatti imposto una forte accelerazione al piano di diversificazione della produzione per spostare in India l’assemblaggio di tutti gli iPhone destinati al mercato statunitense. L’obiettivo è ambizioso: entro il 2026, un salto che partirà con iPhone 17, ogni singolo iPhone venduto negli USA dovrà essere prodotto nel subcontinente.
Già nel marzo 2025, Foxconn e Tata – i principali partner di Apple in India – hanno spedito negli Stati Uniti iPhone per un valore record di circa 2 miliardi di dollari, anche ricorrendo a voli speciali per aggirare i nuovi dazi doganali imposti su prodotti cinesi.
Questo ha causato un fortissimo incremento del valore delle merci in arrivo dall’India, con l’export di smartphone (in larga parte iPhone) che nei primi sei mesi del 2024 ha raggiunto quasi 6 miliardi di dollari, diventando la prima voce di esportazione verso gli Stati Uniti.

Le difficoltà della nuova supply chain
Attualmente l’India produce circa il 14% del totale globale degli iPhone. Ma l’obiettivo è quello di arrivare a 60 milioni di pezzi destinati agli Stati Uniti ogni anno: una cifra enorme, che richiederà un ampliamento considerevole delle linee produttive. A questo scopo, Foxconn e Tata hanno già investito miliardi di dollari per costruire nuovi stabilimenti, assumere e formare decine di migliaia di lavoratori locali, migliorare gli standard qualitativi e aumentare la capacità logistica.
Apple sta supervisionando il processo con una serie di audit molto severi per garantire che la qualità degli iPhone costruiti in India sia pari a quella ottenuta negli stabilimenti cinesi. Sono stati istituiti team specifici per il controllo qualità, che lavorano sia nelle fabbriche sia nelle filiere di approvvigionamento.
Il trasferimento della produzione non sarà counque privo di difficoltà. La Cina offre un ecosistema produttivo unico: una rete di fornitori altamente specializzati, manodopera esperta e infrastrutture logistiche perfette.
La reazione di Pechino
Ricreare tutto questo in India richiederà tempo e investimenti ingenti. Non solo: diversi fornitori secondari (quelli che producono micro-componenti, circuiti, sensori) stanno incontrando grosse difficoltà a spostare le loro operazioni, sia per motivi di costi sia per la pressione esercitata da Pechino.
Secondo il Times of India, infatti, la Cina sta cercando di ostacolare la transizione, facendo pressione burocratica e politica sui propri fornitori, rallentando le autorizzazioni per i trasferimenti di capitale umano e tecnologia verso l’India. Alcuni ingegneri chiave e manager cinesi avrebbero incontrato ostacoli nel cercare di spostarsi per supportare le operazioni in India.
Sconfitto il mito del Made in USA
Politicamente e strategicamente, però, quello che emerge è chiaro: il grande progetto di riportare la produzione degli iPhone negli Stati Uniti, spesso agitato come motivazione primaria per l’imposizione dei dazi, resta una chimera.
Nonostante tutte le difficoltà e nonostante produrre un iPhone in India costi oggi tra il 5% e il 10% in più rispetto alla Cina, l’insieme di vantaggi strutturali rende il trasferimento conveniente.
I dazi inferiori, i minori rischi geopolitici (si pensi ad una possibile crisi determinata da una invasione cinese di Taiwan) i margini di miglioramento dell’efficienza e soprattutto i costi salariali molto più bassi (in India un operaio guadagna tra i 150 e i 300 dollari al mese contro oltre 600 dollari in Cina) rendono l’India la nuova terra promessa per la produzione di iPhone destinati al mercato americano. Non certo gli Stati Uniti dove un iPhone potrebbe venire a costare per la produzione una cifra insostenibile
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