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Scoperta rivoluzionaria per l’integrazione di materiali 2D nei chip di silicio

Scienziati sono riusciti per la prima volta a creare chip di memoria perfettamente funzionanti sfruttando materiali bidimensionali da integrare direttamente nel “die” di silicio (semplificando, il chip nudo e non confezionato che contiene un circuito integrato), un traguardo che potrebbe cambiare le modalità con le quali i semiconduttori sono costruiti.

La ricerca condotta da Chunsen Liu e colleghi della Fudan University di Shanghai, è stata pubblicata il 9 ottobre sulla rivista scientifica Nature.

La ricerca è indicata come rivoluzionaria, con scoperte che potrebbero costituire uno spartiacque nell’elettronica 2D dove da tempo si studiano modalità per migliorare performance ed efficienza su scala atomica ma si fatica ad andare oltre le dimostrazioni di laboratorio.

Sfruttando un processo produttivo che il team ha ribattezzato ATOM2CHIP, i ricercatori sono riusciti a creare un livello di bisolfuro di molibdeno di pochi atomi di spessore che è possibile collocare direttamente in cima a un convenzionale chip di silicio da 0,13 micrometri. Il risultato ottenuto è un chip ibrido che combina un array di memoria flash 2D NOR con un controller CMOS standard, colmando efficacemente il divario tra nanomateriali sperimentali e standard di fabbricazione industriale.

Scoperta rivoluzionaria per integrare materiali 2D nei chip di silicio - macitynet.it
Immagine di Nature

Il team di ricercatori riferisce un rendimento del 94,34% nella produzione di chip completi, cifra in grado di rivaleggiare con la produzione commerciale dei semiconduttori di silicio e velocità operative fino a cinque megahertz. Ogni bit consuma solo 0,644 picojoule, dato decisamente inferiori rispetto all’energia richiesta dalle odierne celle di memoria flash. Nei test le memorie in queitone hanno evidenziato programmazione e cancellazione delle celle in 20 nanosecondi, ritenzione per dieci anni e vita operativa di oltre 100.000 cicli di scrittura.

Sfide e Legge di Moore

Per ottenere questi risultati i ricercatori hanno dovuto superare sfide con la ruvidità delle superfici di alcuni materiali. Nei chip di silicio, anche dopo la lucidatura, restano zone irregolari su scala nanometrica che possono lacerare o stressare i sottili strati atomici; il processo ATOM2CHIP prevede un processo di adesione conforme che permette al materiale 2D di “fluire” sui profili dei circuiti sottostanti senza rompersi, con un sistema di packaging predisposto ad hoc che protegge da calore e potenziali danni elettrostatici.

Gli autori descrivono i risultati come “una importante pietra miliare per estendere la superiorità dell’elettronica 2D alle applicazioni del mondo reale”, con implicazioni che vanno al di là del flash storage: a condizione di ridurla proporzionalmente, architetture ibride di questo tipo potrebbero permettere di ridurre drasticamente il consumo di energia e aumentare la densità in futuri chip e processori per l’AI, permettendo di continuare a sviluppare la Legge di Moore a livello atomico.

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