A venti metri dalla frenesia di Meiji Dori, la strada che taglia il cuore pulsante di Harajuku verso Shibuya, si apre una dimensione parallela dedicata al culto della fotografia analogica e digitale. Il GR Space Tokyo emerge dal tessuto urbano come un avamposto silenzioso, lontano dalle vetrine scintillanti e dalle insegne al neon che caratterizzano il quartiere più bohémien della capitale giapponese. Non è un Apple Store né tantomeno un Leica Store tradizionale, ma qualcosa di più sottile e contemplativo. È il tempio nascosto di una filosofia fotografica, quella delle fotocamere compatte GR di Ricoh, che da quasi trent’anni resiste alle mode e alle rivoluzioni tecnologiche.
Viaggio nel quartiere bohémien dove vive il culto della fotocamera cult
L’ubicazione strategica non è casuale: Harajuku rappresenta da decenni il crocevia culturale dove si incontrano tradizione e avanguardia, turisti e creativi locali, moda streetwear e sottoculture alternative. Camminando lungo Meiji Dori, tra negozi di vintage e caffetterie di tendenza, è quasi impossibile imbattersi per caso nell’ingresso discreto del GR Space. Eppure, quando lo si scopre, è una sorpresa. Il contrasto con i precedenti showroom Ricoh, relegati nei sotterranei dei distretti business di Shinjuku, è evidente. Qui la scoperta deve essere pianificata ma può essere anche fortuita, parte integrante dell’esperienza urbana. La posizione favorisce l’incontro spontaneo tra il brand e il suo pubblico naturale se si decide di entrare nel binario di mezzo, quello di Harry Potter: fotografi di strada, viaggiatori, appassionati di tecnologia e cultura visuale.
Siamo stati a Tokyo, come sapete, portando con noi non uno ma due iPhone: il modello 16 Pro, per una prova dopo alcuni mesi di uso, e l’iPhone 16e, il “super-economico” (relativamente parlando) di casa Apple. Abbiamo scattato tutte le foto con quei due apparecchi, come sapete. Incluse quelle che vedete qui in questo articolo. Solo che questa volta abbiamo selezionato quelle prese con un formato quadrato e il filtro nativo di iPhone per il bianco e nero estremo. Street photography vecchia maniera. Ci sembrava un omaggio corretto per quanto riguarda sia la storia della Ricoh GR, nata come fotocamera a pellicola, che per il suo artista più noto, cioè il fotografo Daidō Moriyama.
Il design degli interni dello spazio GR riflette perfettamente l’estetica minimalista giapponese applicata al mondo della fotografia. L’illuminazione soffusa crea un’atmosfera contemplativa che invita alla riflessione più che all’acquisto compulsivo. Le superfici sono pulite, i volumi geometrici, i materiali naturali: legno, vetro e metallo scuro si combinano per creare uno spazio che sembra sospeso tra galleria d’arte contemporanea e biblioteca specializzata. L’impressione generale è quella di trovarsi in un luogo dedicato alla conservazione di una memoria collettiva, un archivio vivente della cultura fotografica urbana.
La storia incorniciata sui muri
La parete principale del GR Space ospita una cronologia visiva completa della serie GR, dalla leggendaria GR1 del 1996 fino ai modelli digitali più recenti (tra poco si aggiungerà la nuova GR IV, probabilmente). Ogni fotocamera è esposta come un reperto archeologico, testimone di un’evoluzione tecnologica e culturale che ha attraversato tre decenni di storia. L’allestimento permette di osservare da vicino le sottili modifiche di design, l’evoluzione dei materiali e la costanza di una filosofia progettuale che ha sempre privilegiato la portabilità e la discrezione. Non è semplicemente un’esposizione di prodotti, ma il racconto di come la tecnologia possa rimanere fedele a un’idea originale pur adattandosi ai tempi. Lo scopo di qualsiasi museo è non tanto creare una esperienza quanto tramandare una storia, ricordare un passato, raccontare un altro tempo documentandone le caratteristiche. Ricoh ci riesce perfettamente.
Al centro dello spazio, un tavolo permette di maneggiare i modelli attualmente in produzione: GR III, GR IIIx e le varianti HDF (Highlight Diffusion Filter). L’esperienza tattile rivela immediatamente la filosofia progettuale Ricoh: ogni controllo è posizionato per favorire l’uso intuitivo, ogni superficie è studiata per garantire presa sicura anche con una sola mano. La qualità costruttiva emerge dal confronto diretto, dalla precisione degli assemblaggi alla resistenza dei materiali. È un test che nessuna recensione online può sostituire, un momento di intimità tecnologica che precede spesso l’acquisto consapevole.
L’area book café rappresenta forse l’elemento più caratteristico dello spazio, con una selezione curata dalla libreria specializzata “book obscura” di Kichijoji. I volumi esposti non sono casuali: ogni titolo è scelto per esplorare il concetto di snapshot, la filosofia fotografica che sta alla base dell’intera serie GR. Dalle raccolte di Vivian Maier ai maestri giapponesi della street photography, la biblioteca offre un percorso di approfondimento culturale che va oltre la semplice tecnica. L’invito è esplicito: sedersi, ordinare un caffè e immergersi nella contemplazione di immagini che raccontano la vita urbana attraverso l’obiettivo di fotocamere compatte.
Le poltrone in pelle e i tavolini in legno creano micro-ambienti di lettura che ricordano più una biblioteca universitaria che uno showroom commerciale. Il messaggio è chiaro: qui il tempo ha un valore diverso, più dilatato e riflessivo. L’area caffè non è un semplice servizio aggiuntivo ma un elemento fondamentale dell’esperienza, un modo per rallentare il ritmo e dedicare attenzione alle immagini e alle storie che esse raccontano. La scelta di vendere bevande piuttosto che fotocamere sottolinea paradossalmente l’autenticità del luogo.
Le mostre e il paradosso commerciale
Le pareti del GR Space ospitano regolarmente esposizioni fotografiche con un vincolo preciso: tutte le immagini devono essere state scattate con fotocamere Ricoh. Questa limitazione, apparentemente restrittiva, crea invece un filtro qualitativo che mette in evidenza le possibilità espressive dello strumento. La retrospettiva di Daido Moriyama, presente durante la visita, dimostra come le GR siano state compagne discrete di alcuni dei più importanti fotografi di strada del mondo. Le cento piccole stampe appese alla parete creano un effetto collage che restituisce perfettamente l’energia caotica e affascinante di Tokyo, confermando la vocazione urbana di questi apparecchi.
L’ironia della situazione commerciale non sfugge ai visitatori più attenti: il GR Space è uno showroom dove le fotocamere non si possono comprare. È uno “space”, non uno “store”. La crisi di disponibilità che ha colpito i modelli GR III e GR IIIx negli ultimi anni ha trasformato questi apparecchi in oggetti del desiderio più che in prodotti facilmente accessibili. Il personale accoglie le richieste di acquisto con cortese imbarazzo, spiegando le difficoltà di approvvigionamento e rimandando a futuri incerti. La vendita è limitata ad accessori, libri fotografici e caffè, creando un paradosso commerciale che rafforza involontariamente l’aura di esclusività del brand.
Il sistema a lotteria per l’acquisto delle fotocamere disponibili e le liste d’attesa infinite hanno trasformato il possesso di una GR in Giappone in una specie di privilegio. Il product manager Iwasaki-san accoglie i visitatori con la gentilezza tipicamente giapponese, ma anche con la consapevolezza di gestire un brand cult che soffre della propria popolarità. Le conversazioni spontanee tra appassionati rivelano strategie di caccia al tesoro, scambi di informazioni sui rivenditori che ancora hanno scorte, storie di attese prolungate. L’atmosfera ricorda quella di un club esclusivo dove l’appartenenza si guadagna più con la pazienza che con il denaro.
L’iPhone e il futuro del culto
Durante la nostra breve permanenza a Tokyo, le foto in bianco e nero di qualità reportage sono state scattate proprio con un iPhone 16e. Questo anche per sollevare interrogativi sul futuro delle fotocamere compatte dedicate. La facilità d’uso, la qualità crescente degli smartphone e soprattutto la loro presenza costante nelle tasche di chiunque rappresentano una sfida esistenziale per marchi come Ricoh. Il confronto è impietoso: mentre l’iPhone produce immediatamente immagini condivisibili e modificabili, la GR richiede un processo più elaborato e consapevole. La domanda che aleggia nel GR Space è se il culto delle catacombe fotografiche potrà sopravvivere all’avanzata degli smartphone sempre più sofisticati.
Eppure, proprio la presenza fisica di questo spazio rappresenta una risposta concreta alle incertezze del mercato. Ricoh ha investito in un luogo che celebra non solo i propri prodotti ma un’intera filosofia fotografica basata sulla contemplazione e sulla ricerca dell’immagine perfetta. L’annuncio della GR IV, attesa per l’autunno 2025, acquisisce in questo contesto un significato quasi messianico per la comunità dei fedeli. Il tempio di Harajuku diventa così il luogo simbolico dove il passato glorioso della serie incontra le promesse del futuro, dove il culto si rinnova generazione dopo generazione.
Il GR Space Tokyo non è semplicemente uno showroom ma un manifesto culturale che rivendica il valore dell’esperienza fotografica consapevole contro la frenesia dello scatto compulsivo. In un’epoca dove tutti fotografano tutto, questo angolo di Tokyo celebra chi fotografa pensando, chi sceglie il momento giusto piuttosto che scattare a raffica. Il futuro dirà se questa filosofia avrà ancora spazio nel mondo iperconnesso di domani, ma per ora il tempio nascosto di Harajuku continua ad accogliere pellegrini da tutto il mondo, custodendo gelosamente i segreti di un culto che resiste al tempo e alle mode.
















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